domenica 19 ottobre 2014

Il Giovane Favoloso di Mario Martone



Mi spiace anche dirlo perché ci credevo molto, ma il Leopardi di Martone non convince. Il problema, o uno dei problemi, sta a monte, quel "prodotto da Rai Cinema" che è ormai diventato un marchio di fabbrica, un modo di fare cinema con un certo tipo di attori (protagonisti ma soprattutto secondari) una certa messa in scena e una certa scrittura, tra il teatrale e il televisivo, ma quasi mai cinematografico. Certo Martone e Berta sanno il fatto loro (c'è un bel lavoro di fotografia e luce), ma non si scappa, il film mi sembra sempre lo stesso. Penso per esempio alla scena in cui a Silvia cadono le nocciole (non viene nominata ma Martone ci indica abbastanza didascalicamente che è lei), una bella scena, poi però lei apre la bocca e dice "Signor Conte, dovevate impararmi a leggere" con un tono e un ritmo che non potrebbero essere meno naturali dovrebbe essere un'analfabeta a parlare, invece sentiamo la voce impostata di una cattiva attrice. Ecco io a quel punto smetto di crederci, anche perché la cosa si ripete (la scena della festa, quella da Vieusseux).
L'altro problema è che Martone non riesce a sottrarsi alla prospettiva sterile del biopic (genere che detesto, almeno quando rimane fine a se stesso). Non Leopardi ma la sua vita, scomposta e vivisezionata in tre episodi che si ritengono significativi, gli stessi su cui poi si soffermano tanti manuali scolastici (scolastici sottolineato). Ed è un peccato, perché ogni tanto Martone esce dal seminato e la noia si dirada, come nel montaggio schizofrenico del "Odio questa vostra vile prudenza!", o il bellissimo finale sotto al Vesuvio, dove finalmente esplodono quel vitalismo e quella carica distruttiva di cui si sentiva tanto il bisogno, e che forse avrebbero reso giustizia alla carica rivoluzionaria di Leopardi. Mi sembra infatti che colpa più grande del film sia esattamente la stessa dei due "gentiluomini" nel bar napoletano: riduce l'intellettuale e il poeta alla sua condizione fisica, alle sue parti (di cui non è mai la somma) ad una serie di momenti che vengono semplicemente descritti: l'infanzia felice, la prigione di Recanati, la biblioteca di Monaldo, lo studio matto e disperatissimo (ancora ?), la gobba, Pietro Giordani, l'Infinito, Fanny... Sembra di sfogliare uno di quei manuali tutti uguali che si usano nelle scuole, sembra insomma di guardare un film scolastico.

3 commenti:

  1. E' tutto il contrario di un film scolastico, uan rilettura anti-retorica (come fu Noi Credevamo) dell'uomo e artista (più il prosatore che non il poeta tra l'altro) Leopardi, ribelle assetato d'amore e inviso alal cultura del suo tempo, non uno sfigato che era pessimista perché brutto e storpio. Una discesa nell'animo vertiginosa che trova il suo apice nella fiammeggiante parte napoletana.

    Piccolo inciso: in tanti troppi scrivete di cinema senza capirne una beata fava. Ah l ademocrazia digitale, che bel regalo...

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    1. "È tutto il contrario" perché ? Non ci è dato saperlo, segue liberissima rilettura della sinossi, che non dimostra assolutamente nulla.
      Il piccolo inciso poi è fondamentale, davvero, mi metti proprio in difficoltà, "è come dico io, voi altri non capite niente" il commento che ti aspetti da chi non sa scrivere sette righe senza fare dieci errori di battitura (sarà la fretta di dire cose tanto intelligenti e costruttive).
      Grazie del contributo!

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  2. Mi ha deluso abbastanza anche la prova di Germano, del quale però ammetto di essere tutt'altro che un fan. Ingobbito oltremodo, spiritato, a tratti caricaturale. Avrei preferito che procedesse per sottrazione, e invece soprattutto nei momenti di rabbia o di supposta tensione drammatica o emotiva finiva per riproporre... se stesso.

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