lunedì 19 novembre 2012

Il bianco e il nero #23: Godzilla, le origini di un mito.


"E' possibile che un altro Godzilla appaia di nuovo, da qualche parte, nel mondo", frase finale del film.

Cinquantotto anni, ventotto capitoli (saga più longeva della storia del cinema*) più uno apocrifo americano e un altro in produzione con uscita nel 2014, molte apparizioni in videogiochi, fumetti, serie televisive, ha dato il via ad altre saghe famose (quelle dei suoi rivali) a copie o parodie, ha combattuto contro King Kong, ha vinto contro la crisi petrolifera, è passato attraverso gli anni 60-70 e la loro psichedelia, si è fatto due lifting (e altri ritocconi), è diventato buono, il paladino di adulti e piccini, ha rivoluzionato il modo di fare cinema in Giappone ed infine per i suoi 50 anni gli hanno regalato la stella sulla walk of fame a Hollywood. Questa ventitreesima puntata la voglio dedicare a uno dei miei miti, Godzilla, parlando proprio del primo capitolo, non un misero kaiju eiga (monster movie), bensì un dramma storico vero e proprio e un interessante ritratto del Giappone post bomba atomica. Si poi c'è un varano di 30 metri, ma non c'è solo quello, è un film intimista e antimilitarista di grande impatto, emotivo e visivo. E' ora di dire tutta la verità su Godzilla.

The beginning of a journey.
Dissolvenza che si apre su un molo. All'orizzonte si intravede una nave, partita da poco. Panoramica che passa dall'acqua e ritorna al molo dove si vede un cartello con la scritta "Benvenuti in Indonesia", in lingua locale. Un ruggito primordiale squarcia il cielo. La scritta Godzilla appare, a lettere capitali, sullo schermo tremolante. Non è l'inizio di Godzilla del 1954 ma come vorrei iniziasse visivamente questo episodio.
Ora siamo sulla nave. Un ometto sulla quarantina, un pò tarchiato, cammina su e giù per il ponte. E' sconsolato. Questo viaggio in Indonesia è stato una delusione, adesso dovrà tornare in patria, in Giappone, con una brutta notizia da dare: il progetto precedentemente messo in piedi tra i due paesi è andato a monte e quindi non si farà più. Si appoggia alla balaustra e guarda giù verso le acque dell'oceano, negli abissi più oscuri. Ripensa a quel progetto, un film. Lui è un produttore con qualche successo alle spalle (ma sarà il futuro a portergli ben più fama e gloria) e il film in questione doveva parlare di una barca giapponese che si era avvicinata troppo a un test nucleare americano, una storia ispirata da un evento realmente accaduto.
Anche il suo umore sprofonda sempre più giù, nel buio più nero. Ed è allora che forse sente quell'urlo, quel ruggito, che proviene proprio da là sotto, in quel mondo misterioso e inesplorato. Si chiede "che cosa c'è la sotto? O meglio, cosa potrebbe esserci?". Ci pensa e ci ripensa, gli vengono in mente le cose più strane, poi, forse influenzato da un film americano che ha visto recentemente, immagina un enorme lucertolone che esce dalle acque. L'aria minacciosa, le fauci aperte che sputano fuoco, la lunga coda poderosa, in lontananza una megalopoli come campo da battaglia. L'idea non è male e dopotutto potrebbe ricollegarsi benissimo con quella storia della "barca nucleare" che aveva in mente prima. Hum, dopotutto perchè no? E' un'idea, se ne può parlare.
La nave adesso scivola via, trasportata dalla corrente e dai potenti motori. Noi siamo scesi, ma paradossalmente siamo finiti in su, in alto, ci libriamo nel cielo diretti verso il Giappone, qualche mese dopo.

Il nostro volo culmina a Tokyo e in prossimità di un grattacielo molto alto con tanto di punto di osservazione sulla sua sommità. Molti visitatori si godono la vista della città nonostante una giornata plumbea. Chi ha la fortuna di avere una macchina fotografica, scatta qualche foto.
In disparte ci sono due signori che discutono animatamente su quello che vedono. Fanno gesti, tracciano linee, parlano di probabili percorsi. A prima vista sembrano due architetti o due addetti all'urbanistica comunale impegnati in una discussione su come e dove mettere questo o quell'altro o dove far passare magari un corteo. Ci avviciniamo.
Ora la conversazione è chiara. Uno dei due, quello senza occhiali, propone idee su idee "E se lo facessimo passare di là? Vedi vicino alla ferrovia?", l'altro annuisce dietro i suoi occhiali da sole, "Si può fare e l'idea è molto suggestiva". Poi indicano un altra area della città, "Li invece potrebbe essere il pezzo in cui arrivano i militari", "Giusto giusto, con quel grosso spiazzo per i carrarmati e quant'altro". Altri curiosi si avvicinano, i due sono così fomentati dalle immagini che si creano nelle loro teste che non badano più al volume della voce. "E poi con una bella botta, radiamo al suolo tutto quel complesso di case." al che sorridono compiacitui. Adesso la cosa sembra più che strana, molto pericolosa, potrebbero essere due pazzi che mirano a distruggere la città con degli attacchi terroristici.
"Tranquillo, con i miei mezzi possiamo fare tutto con comodità. Non costerà neanche tanto credo. Basterà essere precisi. Pom, giù un bel pò di case, un pò di fuoco, e il nostro amico che ci passa sopra incurante dei morti e dei danni". Qualcuno va a chiamare la polizia, adesso è troppo. Ci sono due la che indicano quartieri e organizzano esplosioni e eccidi vari.
Le autorità stranite vanno a fare qualche domanda. "E' solo un malinteso, dobbiamo girare un film" si discolpano i due. "Io sono Ishiro Honda, il regista, e questo è il mio amico Eiji Tsuburaya, esperto di effetti speciali. Sarà un film su un lucertolone che distrugge la città". Adesso sembrano ancora più pazzi. "Chiamate il nostro produttore, Tomoyuki Tanaka, lui ci ha mandato qui". Dopo un paio di chiamate l'allerta si placa, è tutto confermato e verificato.
I due, rilasciati, si recano allo studio per buttare giù le idee che hanno immaginato lassu sulla vetta.

Questo ovviamente avviene dopo molte cose e molte decisioni prese. Tanaka era tornato dall'Indonesia e aveva proposto l'idea. Le risposte che riceve, da quelli che i film li fanno davvero e i soldi li chiedono a lui, sono queste: costerà un occhio della testa, dovremo inventarci qualcosa di innovativo, servirà una sceneggiatura decente, dovremmo fare disegni di ogni singola scena, che te sei fumato?
I soldi non sono un problema, ci sono e li spende volentieri. La Toho come tutto il Giappone post conflitto, sta risorgendo molto floridamente e gli affari vanno bene. Il problema verrà fuori dopo, quando un altro regista della Toho, tale Akira Kurosawa, con già all'attivo qualche bel filmino e che spesso ha avuto e avrà Ishiro Honda come aiuto regista, vorrà girare una storia ambientata nel medioevo nipponico, con sette samurai assunti da dei contadini. Una roba di tre ore, costosissima, che decreterà il successo planetario del regista e porterà il cinema orientale fuori dai confini continentali. Insomma, due produzioni costosissime che porteranno la Toho sull'orlo della bancarotta, ma anche due successi fenomenali di pubblico.
Poi pensa alla scrittura, alla sceneggiatura. Assume Shigeru Kayama, lo scrittore di thriller e fantascienza più talentuoso dell'epoca. Ora, Tsuburaya aveva in mente un particolare mostro. Un enorme piovra assassina, la quale aveva molto più senso, dovendo uscire dall'acqua, piuttosto che un grosso varano. Gliela bocciano (ma avrà qualche scena in due film, The War of the Gargantuas e King Kong VS Godzilla), perchè tutti hanno in mente un film e un gigante apposito. Il film è Il risveglio del dinosauro (The Beast from 20,000 Fathoms, puntata 21), americano, di un anno precedente, dove un dinosauro si svegliava dai ghiacci e sbarcava a New York per distruggerla.
Persino la prima stesura di Kayama è pesantemente influenzata da quella pellicola e di fatti la chiamerà Kaitei ni-man mairu kara kita daikaijû ("The Giant Monster from 20,000 Leagues Under the Sea") e in seguito Project G. e la prima scena in cui si vede Godzilla doveva essere una dove distrugge un faro, ovvero una copia paro paro da Il risveglio di... La storia è convincente ma Honda la ritocca un pò, inserendo un triangolo amoroso e modificando il dottor Yamane, visto come il cattivo della situazione.
Il vero cambiamento è quello che avviene per la genesi del mostro. Non stiamo parlando più del classico essere risvegliatosi a anni di distanza, ma di un animale normalissimo, un varano, il cui DNA e la cui dimensione è stata alterata dal contatto con le radiazioni di un'esplosione nucleare (americana!!! punto molto importante soprattutto per gli stessi americani).

Quindi sarà un lucertolone, vengono abbandonati tutti gli schizzi su una sorta di scimmiona gigante o una specie di mostro con la testa a forma di fungo atomico. Come fare però per renderlo realistico? Tutti i film di quel periodo che avevano a che fare con mostri giganti, dal King Kong del 1933 fino al dinosauro del 1953, erano stati riprodotti grazie alla stop motion. I giapponesi dicono, "bene, perfetto, ma qui, da noi, chi diavolo la sa fare?" Risposta, nessuno. Questo potrà sembrare strano a molti ma ai tempi, gli effetti speciali in Giappone, erano proprio miseri o in alcuni casi, non esisteva proprio un reparto effetti speciali. Si era abituati a fare film senza questo genere di cose, ma da Godzilla in poi, le cose sono destinate a cambiare radicalmente. Addirittura la stampa reagì con astio alla notizia di un film con effetti speciali. "Perchè il Giappone si mette a fare film di questo genere? E' roba da americani".
Dopotutto la stop motion era troppo costosa e richiedeva tempi lunghissimi (anche se una scena nel film finale usa questa tecnica, quando Godzilla distrugge il teatro Nichigeki). L'idea che balza in testa, e forse l'unica possibile, è quella di usare dei modellini per la città di Tokyo e un attore da mettere in una tutona. I primi tentativi sono terribili. Lo stunt Haruo Nakajima, che interpreterà il mostro fino al 1972, si offre volontario e forse si maledirà in seguito. La prima tuta è troppo pesante (91 kili) e rigida, il mostro sembra un ipocondriaco più che una minaccia. Ne provano un altra, migliorata e più leggera. Purtroppo pesa ancora parecchio e più che una tuta è uno scafandro da palombaro. Il povero Nakajima soffrirà di ondate di calore, disidratazione e cali di pressione. Per evitare che ci soffochi dentro dovrà indossarla per non più di tre minuti e inoltre installano una valvola che dreni la tuta dai fiumi di sudore.

Gli manca solo un nome. E la voce.
Già, come lo chiamiamo. Mica facile dare il nome a qualcosa che saprai avere grande successo e verrà chiamato più volte. Il primo nome con un pò di appeal è Anguirus, nome che verrà invece appioppato al suo primo nemico, ovvero nel secondo capitolo della saga, Godzilla Raids Again, e in seguito suo stretto alleato. poi balza fuori questo Gojira, ovvero l'unione tra gorilla (gorira) e balena (kujira). Leggenda vuole che fosse in realtà il soprannome dato a uno della Toho, qualcuno particolarmente grasso e peloso. Purtroppo ogni volta che questa storia viene raccontata varia il protagonista: una volta è il presidente della Toho, una volta uno sceneggiatore, un produttore, un macchinista, etc...
E quindi la voce. Bè neanche dare la giusta voce a un varano mutato radioattivamente è semplice. Per King Kong vennero usati i ruggiti dei leoni montati al contrario, ma per un rettile è ben più complicato. Si provarono quindi più animali possibili ma nessuno coincideva con il proprietario finale di quei ruggiti.
Ad Akira Ifukube venne un'idea. Il verso di Godzilla poteva essere ottenuto strofinando un grosso guanto di pelle, rivestito in resina, su e giù per le corde di un contrabbasso, e in seguito riverberando il suono registrato. Sembra un casino ma funziona benissimo direi (il basso tornerà utile a Spielberg per Jurassic Park, ma non per un ruggito. Lo stesso Spielberg sarà al centro di una simpatica battuta nel capitolo Godzilla vs. King Ghidorah del 1991. Vediamo chi sa dirmi come venne citato Spielberg e come venne usato il basso dallo stesso regista) Inoltre, i fragorosi passi di Godzilla vennero ottenuti facendo battere una corda annodata su un tamburo di pelle.

Le riprese si avvalorarono di un grande aiuto; gli storyboard. Adesso è abbastanza comune vedere i disegni di molte scene, soprattutto in film action, horror o con grandi sequenze spettacolari, ma ai tempi non era la prassi. Per Godzilla vennero fatti sketch per ogni singola scena, una rivoluzione avanguardistica vera e propria. Gli storyboard erano essenziali soprattutto per non spendere più di quello che si voleva, magari inserendo scene di discutibile realizzazione.
Originariamente si voleva girare a colori, ma poi, forse a casua del costo o per via degli effetti speciali, si passò al bianco e nero (così come il seguito. Dal terzo capitolo si usò il colore). Meno male, perchè, prima di tutto, Godzilla che arriva di notte in città è una delle cose più affascinanti possibili, se filmata in bianco e nero. Quel gioco di ombre e luci è essenziale per renderlo ancora più minaccioso. Inoltre, avendo Godzilla dei cavi che gli facevano muovere occhi e bocca, il colore li avrebbe mostrati molto di più, mentre così, sarebbero stati cancellati nell'oscurità.
Ora bisogna creare il primo avvistamento del gigante. Ovviamente qualcosa di impatto, che colpisca al volo lo spettatore ancora all'oscuro della sua forma. L'idea originaria era questa: Godzilla arriva e in bocca ha una mucca intera grondante sangue. E' così suggestiva che la filmano ma il risultato finale non è dei migliori. Masao Tamai, direttore della fotografia, convince Honda a optare per qualcosa di meno gore.
Durante le riprese, nel nord del Giappone, delle pioggie contaminate da test atomici russi, costrinsero la popolazione a non bere più dai pozzi, perchè a rischio. Questa cosa venne sfruttata per una delle prime scene, quando il professor Tanabe si reca a Odo Island a dare consigli alla popolazione.
Per la scena dove una traliccio dell'elettricità viene squagliato dalla potente fiamma radioattiva del nostro G., si usò un metodo molto low coast. Il traliccio venne fatto in miniatura e di cera e poi scaldato fino a farlo sciogliere con dei phon molto potenti. Ah l'inventiva genera mostri.
Intanto il costo del film lievitava sempre più. Vennero licenziate alcune persone per assumere altri adetti allo storyboard e nonostante tutto il costo salì a un milione di dollari. Per molto tempo rimase il film più costoso della storia giapponese. Quando debuttò nelle sale, con il rischio bancarotta ancora vivo e con tutti quegli Yen spesi, la paura di flop era comprensibilmente alta, soprattutto perchè era qualcosa di totalmente nuovo.

Il mostruoso debutto.
9.610.000 biglietti strappati. Un successo pazzesco, l'ottavo film più visto dell'anno, un successo, all'interno della saga, battuto solo dal capitolo con King Kong. Addirittura venne candidato agli oscar giapponesi dove dovette vedersela con I Sette Samurai e, benchè Godzilla sia enorme in confronto ai sette lottatori, venne miseramente sconfitto. Tuttavia vinse per gli effetti speciali.
Chiaramente non a tutti piacque, soprattutto perchè incassava così bene. La critica, che già come detto lo puntava male, accusò Honda and co. di aver sfruttato i drammi e le catastrofi della seconda guerra, nonchè la vera storia della barchetta, di inizio articolo, per fare un filmettino con un mostro. Honda ci rimase molto male soprattutto perchè tutto il lavoro svolto dalla sua troupe veniva vanificato a causa di queste motivazioni. Con il tempo il film ottenne il rispetto che merita, anche perchè, se paragonato a tanti altri capitoli, è sinceramente un capolavoro. Inoltre ha l'incredibile pregio di essere stato il primo a essere distribuito persino in Korea e anche se minimamente, contribuì a riavvicinare i due paesi. Ma con un altro paese le cose erano un pò più complicate...

Il rapporto con gli americani.
Prima di chiudere è obbligatorio parlare degli americani, i padri del genere e i padri dello stesso Godzilla, perchè quelle radiazioni sono Made in USA. Il film, dopo aver ottenuto tutto quel successo, alzò un polverone. Anche se non direttamente, i giapponesi avevano sparato là una bella critica, bisognava rispondere. E come se non cogliendo due piccioni con una fava?
Invece che fare un film proprio, bastava prendere il Godzilla giapponese, cambiargli leggermente storia (quindi salvare la propria faccia e dare la colpa a qualcun'altro) e aggiungere qualche scenetta, ovviamente con un protagonista caucasico. Si, purtroppo lo fecero per davvero. Uscì nel 1956 e vede protagonista Raymond Burr, un giornalista accorso sul posto per documentare l'evento. E' ridicolo, perchè si vede benissimo che l'attore e le scene sono state appiccicate malamente. Incredibilmente, una volta uscito nel 1957 anche in Giappone, riscosse un notevole successo. Si fanno piacere tutto sti giapponesi. Per molti capitoli della saga, gli Stati Uniti hanno fatto delle loro versioni, doppiate e riaggiustate. Man mano che sono proseguiti i capitoli però, hanno smesso di alterare vistosamente la storia di base.
Inoltre è causa di molte dispute il fatto che gli americani avrebbero americanizzato il nome Gojira in Godzilla. Questo è un falso, fu proprio la Toho a distribuirlo all'estero (in pochi cinema nippo-americani a Los Angeles e New York, prima che venisse comprato e distribuito più massicciamente) con questo nome e a metterlo nei cataloghi in inglese con la pronunica corretta.
Ma il peccato più grave di cui si sono macchiati gli americani è il Godzilla del 1999 diretto da Hal Emmerich. A parte essere un brutto film, come tutti quelli di Emmerich, non hanno capito nulla del personaggio, nemmanco la forma. Il bello dell'originale nipponico è che prende milioni di missili, esplosioni e quant'altro e sopravvive, perchè è fortissimo. Poi è grassoccio, goffo e ha l'aria da scemo. Quello americano schiva di tutto, è snello e slanciato e sembra un velociraptor più che un varano goloso. Ok, sono cose da fans accaniti, ma se volete farlo, almeno fatelo bene. Nonostante tutto sono speranzoso per la versione del 2014 diretta da Edwards, regista di Monsters.
Per lo meno George Lucas ha ringraziato e dichiarato che l'uso dei modellini in Star Wars è stato pesantemente influenzato da Godzilla.

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Per chi non l'avesse fatto ancora, guardatevelo sto primo Godzilla, ne vale davvero la pena. Se poi vi prende e addirttura volete approfondire la saga, vi posso dare ora dei consigli, magari per evitare i capitoli più brutti. Non esiste una vera e propria continuity, salvo in rarissimi casi, quindi, anche se saltate qualcosa, non succede nulla.
Prima di tutto la saga si divide in 3 ere. La prima parte, la migliore, è composta da 16 film che vanno dal 1954 al 1975 (quando la saga è diventata inguardabile, nel senso che proprio nessuno andava più a vederli, causa anche crisi petrolifera). Qui ci sono i capitoli più belli (i primi tre su tutti e soprattutto King Kong VS Godzilla non è una cazzata, ma anzi è molto profondo e contrappone Godzilla, la forza dell'uomo, perchè "alterato", a King Kong, la natura. Ma poi anche USA VS Giappone e ovviamente il vincitore finale, dipende dalla versione che vedrete), quelli più curiosi (mostri comandati dagli alieni e da fatine...), quelli più brutti (Godzilla diventa padre/madre in Son of Godzilla, Minilla si chiama il piccolo....) e ci sono tutti i mostri e personaggi principali (Rodan, con poi una saga tutta sua, Mothra, Ghidorah, Hedorah, Gigan, Megalon ed infine Mechagodzilla, il Godzilla robot creato dall'unità apposita anti-Godzilla).
Poi c'è l'era Heisei, che parte col botto, Godzilla remake, del 1984, e continua con capitoli interessanti e sempre di un certo livello (Biollante, King Ghiodarh e Destroyah i migliori).
Infine la Millennium, dal 1998 ad oggi, piuttosto discutibile perchè la CGI prende il sopravvento aspetto che fa storcere il naso a molti fans.
Adesso si aspetta il nuovo capitolo, che sarebbe dovuto uscire nel 2012 e in 3D, ma dopo la tragedia di Fukushima, sembra che il progetto si sia arenato indefinitivamente. Io ci spero, dato che non ho mai visto un Godzilla al cinema. Si...andrei addirittura in Giappone per l'occasione.
Insomma, spero di essere riuscito a attaccarvi la godzillite, una malattia di sicuro migliore della jamesbondite (e tra i capitoli di entrambe le saghe degli anni 70 c'è una lotta tra quale sia il peggiore, senza esclusione di colpi).


* -Otoko wa tsurai yo ("It's tough being a man")  è in realtà la più lunga. Ben 48 capitoli tra il 1969 e il 1995. Ma Godzilla è meglio dai!
-In realtà Tanaka era su un aereo ma la nave è più romantica.
-La discussione "disastrosa" sul tetto di un grattecielo a Tokyo è una leggenda. Non è mai avvenuta.
-Esiste anche una versione italiana, di Luigi Cozzi, ovvero Cozzilla, a colori, ma non sono ancora riuscito a vederla.
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Nella prossima puntata, da un mostro vero e proprio a un mostro della comicità; un altro mio mito, Buster Keaton.

5 commenti:

  1. Mi avete riempito il cuore di amore. Voglio un Godzilla tutto mio adesso.

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  2. bellissimo articolo, merita un "vi voglio bene <3".

    PS: metodi alternativi per non farmi esplodere gli occhi ogni volta che leggo dallo schermo del pc fisso? magari qualcosa su tablet

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  3. Grazie a entrambi

    Intendi per la lunghezza o per la combinazione colore caratteri e sfondo? Sulla seconda, pensa che una volta eravamo bianchi su sfondo nero e c'era gente che perdeva 4 diottrie alla volta. Per il resto non saprei cosa dirti, ti capisco, leggendo anche io molto su schermo pc. Se abbassi la luminosità? Potrei fare articoli divisi a pezzi ma aumenterebbe solo il numero di volte che devi ripassare, non so però il dolore agli occhi

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    1. Si il problema è per la lunghezza di certi articoli.
      Mai pensato a creare una rivista su Flipboard?

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  4. Hum...sepoffà, grazie della dritta.

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