giovedì 13 settembre 2012

Dalla "nostra" inviata speciale a Venezia

E anche per quest'anno, Venezia è finita. Ha vinto Kim Ki-duk, ci sono state polemiche, l'Italia è uscita con le ossa rotte. Il solito. Noi, se n'era parlato in una puntata speciale qualche settimana fa, una sorta di antipasto e presentazione. Avremmo voluto tanto esserci, vedere, fischiare, gioire, ma siccome siamo pigri e al verde, siamo rimasti a casa. Nessun problema però, perchè la "nostra" inviata speciale, Beatrice Fiorentino live from the Lido, ci confida adesso, le sue impressioni finali, a leoni in gabbia.

Non riesce mica semplice dare un giudizio sull’edizione appena conclusa della Mostra del Cinema di Venezia, che è stata, soprattutto, l’edizione “Barbera bis”. Al banco di prova una gestione che ha dato l’impressione generale di essere ancora un oggetto “in divenire”, poche le certezze e sbiaditi i punti di riferimento. Tralasciamo la logistica che comprendeva connessione internet a singhiozzo e porte dei bagni con le serrature rotte dal primo all’ultimo giorno (ma un fabbro che fa riparazioni urgenti, al Lido, non c’è?). Lasciamo da parte anche il Market che, lungi dall’essere il tanto auspicato fiore all’occhiello, a quanto si dice, lascia un po’ il tempo che trova. E parliamo di cinema. Mi tocca fare una doverosa premessa perché all’ora di stendere un bilancio complessivo, mi trovo nell’imbarazzo che deriva dall’aver dovuto necessariamente sacrificare più di una visione, perché si sa, quando si va a un festival per scrivere bisogna mettersi il cuore in pace, ma poi come si fa a sputar sentenze? Ok, ci provo, ma dovrò per forza restare sul visto (e cioè su un’impressione, ahimè, parziale della manifestazione). Allora, quando tutti ormai lamentavano un’edizione scadente, moscia, piatta, innegabilmente rabbuiata dal drastico calo di presenze che ha reso sì l’atmosfera un po’ dimessa, ma ha altresì consentito di non rimanere esclusi da nessuna proiezione, ecco finalmente arrivare quei “gran bei film” a tirarci sul il morale! E non si può certo dire che i titoli siano mancati… anche se potrebbe venire da dire: oh, bè, ma ci mancherebbe altro!
Ecco. Io sono felice, ho visto “The Master” (in 70 mm.) e per me tanto basta. Magnifico. Enorme. Inarrivabile (come Joaquin Phoenix, trasfigurato e claudicante come un Riccardo III). Ho visto Kim Ki-Duk tornare in forma dopo il buio che lo ha tenuto in ostaggio per anni, ho visto Bellocchio in super forma con un film che s’incastra alla perfezione nel suo personalissimo percorso di indagine. Ho visto il tripudio ultra-pop di Harmony Korine che con il suo “Spring Breakers” (wow!!) ha sedotto un po’ tutti. Diamine, finalmente una scossa! Forma che diventa contenuto, ironia, vento di novità. Basta questo per accaparrarsi un leone d’oro? In effetti, forse no…
Ancora gioia? Eh sì, lo ammetto, a me è piaciuto. So anche che siamo forse dieci in tutta Italia…ma nessuno mi tocchi Terrence Malick e la sua Meraviglia! Ssssh, silenzio, non si aggiunga altro e chi preferisce non vederlo, ne ha piena facoltà!
 Ho visto anche altri film piacevoli: “Après Mai” di Olivier Assayas, “Outrage Beyond” di Takeshi Kitano (che solo a vederlo ti mette allegria, benedetto sia per sempre Beat Takeshi, con quella faccia un po’ così), “Passion” del maestro della discontinuità Brian De Palma (ma a copiare Hitchcock qualcosa salta sempre fuori…); e altri film tanto tanto tanto piacevoli: “Wadjda”, “Disconnect”, non innovativi ma tra i più belli (e meno male che qualche sorpresa c’è!); delusioni kolossali: “Linhas de Wellington” di Valeria Sarmiento su un progetto lasciato incompiuto dal marito Raoul Ruiz; sostanzialmente inutili: “At Any Price”, “Cherchez Hortense”; e ciofeche inguardabili: “Una giornata speciale” di Francesca Comencini, il punto più basso (in concorso!?)… Stop. Abbiamo capito. Come ad ogni Festival c’è stato un po’ di tutto. E allora, dove sta il problema? Il problema c’è e non è banale: manca un’idea di cinema, manca una proposta intellegibile. Film da concorso stavano “fuori concorso”, film in concorso che, a esser generosi avrebbero potuto stare nell’abolito ghetto “Controcampo italiano”, film da Orizzonti “fuori concorso” e viceversa…. Insomma: che confusione! E arriviamo quindi ad un punto cruciale, alla punta di diamante della stagione Müller chiamata “Orizzonti”, corsia parallela dal nome evocativo che aveva ospitato i film di Shinya Tsukamoto, James Franco, Amiel Courtin-Wilson, Amira Naderi, Tusi Tamasese, e Ben Rivers… cos’è diventato oggi “Orizzonti”? Cito testualmente dal sito della Biennale: "Le nuove correnti del cinema mondiale”. Dev’esserci qualcosa che mi sfugge.

E scoop clamoroso, coprirà per noi anche il prossimo Festival di Roma. Evviva!

Beatrice lavora per il sito http://www.cineclandestino.it/it/, buttateci un occhio.

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