lunedì 24 settembre 2012

Il bianco e il nero #15: I comunisti invadono Hollywood

"Questo è l'inizio dei campi di concentramento americani!" Dalton Trumbo.

Dopo la fine della seconda guerra mondiale, nel 1945, gli Stati Uniti sperimentarono un'intensa agitazione politica. La preoccupazione dominante era la diffusione del comunismo, ed in seguito alla vittoria comunista in Cina nel 1949 e l'inizio della guerra di Corea, la paura si intensificò andando ad'interessare tutti i livelli della vita americana, tra cui l'industria cinematografica di Hollywood.
Ci furono inoltre problemi correlati, come l'opposizione allo sviluppo di un settore a livello sindacale a Hollywood e la determinazione dei gruppi conservatori e di destra nello smantellamento di molti dei programmi liberali sviluppati durante la presidenza Roosevelt.
A partire dal 1947, elementi della sinistra liberale di Hollywood furono sottoposti a forti pressioni, e molti furono costretti a lasciare il settore, mentre altri subirono l'umiliazione di denunciare i loro orientamenti e fornire alla Commissione Parlamentare per le Attività Antiamericane (HUAC) nomi di amici e colleghi. Alcuni sono stati anche invitati a lavorare per l'Anti-communist Film come Howard Hughes con il suo Ho sposato un comunista (1949), che uscì anche con il titolo Donna al molo 13. Altri, meno fortunati perchè non collaborativi, ebbero un destino diverso (e parlerò proprio di uno di loro).

Il cambiamento del clima politico dopo il 1947 ha fatto sì che film come Odio Implacabile (1947) e Barriera Invisibile (1947), con le loro critiche di antisemitismo negli Stati Uniti, non fossero più possibili. In realtà, era praticamente impossibile la produzione di film con evidenti, o letterali, sentimenti liberali dopo il 1947-1948. Film di questo tipo sono stati sostituiti da un ciclo dei cosiddetti caper film (o heist movie, film di rapine o colpi criminali insomma), che, in alcuni casi, hanno comunque mantenuto quella capacità dei film noir di critica ai vari aspetti del capitalismo - anche se queste critiche furono pesantemente camuffate.
Il genere noir era figlio di una comunità composta da comunisti, socialisti e liberali che andavano tenuti strettamente sotto controllo d'ora in poi, in un periodo post-guerra ancora difficile e pieno di contrasti. Attori, scrittori, registi e produttori come Jules Dassin, Edward Dmytryk, Robert Rossen, Abraham Polonsky, Dalton Trumbo, Elia Kazan, Clifford Odets, Nicholas Ray, Cy Endfield, John Garfield, Lee J. Cobb, Howard Da Silva, Karen Morley, Sterling Hayden, John Huston, Humphrey Bogart, e Robert Ryan furono tutti toccati dal maccartismo e in alcuni casi iscritti a una lista nera, che non permetteva più di lavorare a meno che non si emigrasse dagli Stati Uniti. 
Trattati come traditori e spie, queste persone venivano allontanate da qualsiasi studios e benchè il periodo sia durato relativamente poco, per molti significò la fine della carriera e l'oblio perenne.
Gli Hollywood 10.
Judy Garland al programma radio Hollywood Fights Back, 26 ottobre 1947.
"Siete andati a vedere un film questa settimana? Avete intenzione di andarci stasera, o forse domani? Guardatevi intorno nella vostra stanza. Ci sono giornali sul pavimento? Delle riviste su un tavolo? Dei libri sugli scaffali della libreria? E' sempre stato un vostro diritto quello di leggere o vedere qualcosa che si voleva. Ma ora sembra essere un pò più complicato. Durante le ultime settimane, a Washington, la Commissione Parlamentare per le attività antiamericane ha indagato sull'industria cinematografica. Ora, io non sono mai stata un membro di una organizzazione politica. Ma mi sono messa a seguire questa inchiesta e non mi piace. Ci sono un sacco di stelle qui a parlare a voi. Siamo gente dello spettacolo, sì. Ma siamo anche cittadini americani. Una cosa è dire che non siamo bravi attori, e fa male, ma siamo in grado di riprenderci. Ma tutt'altra cosa è dire che non siamo buoni americani! Questo non lo accettiamo! ".
Tutto iniziò molto prima del 1947 quando J. Edgar Hoover, capo dell'FBI, condusse un attacco contro i sinistroidi della città delle stelle, autorizzando un'indagine di massa a Hollywood sotto il nome in codice COMPIC (Communist Infiltration Motion Picture Industry). Nello stesso periodo (1945), l'antisemita e razzista John Rankin divenuto presidente della HUAC, sostenne che stava indagando su "una delle trame più pericolose mai create per il rovesciamento del governo. [...] Le informazioni in nostro possesso attestano che [Hollywood] è il più grande focolaio di attività sovversive degli Stati Uniti. Siamo sulle tracce della tarantola ora, e abbiamo intenzione di arrivare in fondo."
Ciò non è del tutto inesatto. E' vero infatti che a Hollywood c'era una significativa presenza di sinistroidi e veri e propri comunisti tra gli anni 30 e 40. D'altronde siamo negli anni post Crisi del 29 e la gente pensava che il sistema dovesse cambiare, che tutto potesse crollare da un giorno all'altro, di nuovo.
Durante l'epoca Roosevelt, il Partito Comunista aveva ottenuto molto poter e molti consensi aiutando gli immigrati, combattendo la disoccupazione, evitando lotte a sfondo razziale. Gli artisti non potevano far altro che usare l'unico mezzo in loro possesso, il cinema, per dare una mano. Dopotutto Lenin diceva "Per noi, il cinema, è l'arte più importante".

Intellettuali e bolscevichi, un mix spaventoso. Con l'avvento del sonoro, fu necessario assumere un numero sempre maggiore di dialoghisti e sceneggiatori, ora che le parti parlate erano ben più numerose. In questo modo vennero assunti molti scrittori teatrali che scoprirono ben presto sotto quale tipologia contrattuale si lavora a Hollywood se si è semplici scrittori.
Nessun diritto, nessun nome nei titoli di testa o di coda, trattati come schiavi e pagati una miseria. Addirittura, per quei pochi che riuscivano a essere menzionati, il loro nome finiva dopo il truccatore o il trovarobe. Questo portò a creare una società sindacale e successivamente a scioperi in modo da  poter godere dei diritti di base quali la pensione o l'assicurazione sanitaria. Rivendicazioni logiche, ma intollerabili o incomprensibili, da parte di una nuova figura (nel mondo del cinema) e profondamente ispirate a modelli "esteri".

La seconda guerra mondiale arrivò a puntino e sancì una pace che durò un lustro. Con la necessità di creare film patriottici e con la nascita di un nemico comune, il nazismo e il fascismo, l'industria hollywoodiana ricercò incessantemente scrittori "rossi", gli unici capaci di scrivere quei film così carichi di retorica e ideali per cui combattere. Gli esempi più celebri sono Casablanca, Sahara, Missione segreta.
La successiva vittoria del conflitto e il fatto che fosse un successo di un'unione democratico-comunista mantenne questa "amicizia" anche dopo l'armistizio. Ma in America, durò poco. Uno dei primi atti dei repubblicani, che presero il controllo del Congresso nel 1946, (per la prima volta in 20 anni) è stato quello di convertire il temporaneo HUAC, che indagava ai tempi su simpatizzanti fascisti, in un comitato permanente concentrandosi questa volta sulla sinistra.
Proprio mentre la Guerra fredda stava per entrare nel vivo, la situazione tra Hollywood e Partito comunista era questa: il presidente dell'Associazione Sceneggiatori, John Howard. Lawson aveva la tessera del partito, idem Dalton Trumbo, il più famoso e il più pagato di loro, ed inoltre il numero di artisti in tutta Hollywood membri del partito era stimato intorno ai 350. Non briciole.

L'attività anti-rossi dell'HUAC iniziò nel marzo del 1947 dopo aver ricevuto una dotazione di 75 mila dollari e essersi insediata all'hotel Biltmore a Los Angeles. L' 8-9 maggio interrogarono quattordici "testimoni amichevoli" tra cui: Robert Taylor, che aveva recitato in "Song of Russia", co-scritto dagli membri del partito, Jarrico Paul e Richard Collins; Lela Rogers irritata dalle parole bolsceviche di Trumbo messe in bocca alla figlia Ginger in "Compagni di gara"; l'attore anti-comunista (e membro di un gruppo destrorso) Adolphe Menjou; il magnate Jack Warner ed infine J. Edgar Hoover stesso.
In risposta alle azioni del HUAC, i liberali di Hollywood  cominciarono ad organizzarsi. Una manifestazione di massa al Gilmore Stadium venne indetta nel maggio 1947, e fu caratterizzata dalla presenza del candidato presidenziale progressista Henry Wallace e da Katharine Hepburn, che lesse un discorso scritto da Trumbo: "Mettere a tacere l'artista, significa mettere a tacere la voce più eloquente della gente. Distruggete la cultura e distruggerete una delle più forti fonti di ispirazione da cui un popolo possa attingere la forza di lottare per una vita migliore".
Intanto la HUAC andava avanti, con altri 40 interrogatori tra cui 19 di testimoni non volontari, di origine ebraica convocati a Washington.


John Huston, vice direttore dell'Associazione registi, insieme a William Wyler e Philip Dunne, creò il Comitato Primo Emendamento fortemente contrario all'HUAC. La loro posizione sosteneva che "l'imminente inquisizione non aveva nulla a che fare con il comunismo in sé, ma era circa le libertà civili, in particolare la libertà di parola". Circa 500 persone firmarono la petizione anti-HUAC. Il compositore Ira Gershwin organizzò una manifestazione di sostegno a cui parteciparono attori come Burt Lancaster, Humphrey Bogart, Lauren Bacall, Edward G. Robinson, Judy Garland, Gene Kelly, Danny Kaye, Billy Wilder. Gli stessi parteciparono poi alla trasmissione Hollywood fights back in onda da Washington a pochi metri da dove sarebbe iniziato il processo agli Hollywood 10. Ma chi erano questi dieci?

Gli interrogatori a John Howard Lawson, Dalton Trumbo, Albert Maltz, Alvah Bessie, Samuel Ornitz, Herbert Biberman, Adrian Scott, Edward Dmytryk, Ring Lardner e Lester Cole iniziarono il 20 ottobre 1947. Prima di loro però toccava ai testimoni di fiducia, quelli con tanto di discorso scritto, solo da leggere. Ed erano per giunta tre pesi massimi, i produttori Louis B. Mayer, Jack Warner e Sam Wood.
Warner dichiarò: "Termiti ideologiche hanno scavato in molte industrie, organizzazioni e società americane. Ovunque si trovino, dico, cerchiamo di scovarle e sbarazzarci di loro. Io e i miei fratelli saremmo felici di sottoscrivere generosamente per un pesticida che ce ne liberi. Siamo disposti a stabilire un fondo per la spedizione in Russia delle persone che non amano il sistema di governo americano e preferiscono il sistema comunista".  Altri amici chiamati a deporre furono Walt Disney, Robert Taylor, Robert Montgomery, George Murphy, Gary Cooper e Ronald Reagan (presidente Associazione attori e primo fra tutti i delatori, la spia numero 1 per l'FBI).
Prima di essere 10, i testimoni accusati di avere legami con i sovietici erano 19, tra questi pure Bertold Brecht che negò la sua affiliazione al partito comunista e lasciò per sempre gli Stati Uniti, tornandosene in Germania.

Le loro testimonianze giurate iniziarono il 27 ottobre. Primo fù Lawson, accusato di essere il capoccia del gruppo. Gli venne negato di leggere un testo preparato in precedenza che gli venne strappato in udienza mentre tentò invano un nuoov tentativo. La strategia legale dei dieci era quello di applicare il Primo Emendamento, rifiutando di rispondere alle domande in materia di affiliazione politica.
A Lawson venne chiesto "Se avesse mai fatto o facesse tutt'ora parte del partito comunista" domanda di rito, e egli rispose "Mi spiace di dover insegnare la legge a questa commissione ma" prima di essere zittito dal martelletto e portato via dalle guardie.
La prima risposta scaldò gli animi. La seconda, di Lardner, continuò sulla stessa falsa riga "Potrei rispondere ma se lo facessi, domattina mi odierei". Maltz chiamò uno dei membri della commisione Mr Quisling (il presidente norvegese collaborazionista dei nazisti) e mentre lo portavano via Trumbo gridò "Questo è l'inizio dei campi di concentramento americani!". Un bell'ambientino.

In concomitanza al processo, a New York, all'hotel Waldorf Astoria il presidente della MPAA, Johnston, fece un discorso che di fatto, fece nacquere la lista nera. "Deploriamo l'azione dei 10 uomini di Hollywood che sono stati citati per oltraggio. Noi non desideriamo pregiudicare i loro diritti legali, ma le loro azioni sono state un disservizio verso i loro datori di lavoro e hanno alterato la loro utilità verso l'industria. Scaricheremo immediatamente o sospenderemo senza alcun compenso questi nostri collaboratori e nessuno dei dieci potrà tornare fino al momento in cui verrà assolto o si sarà dichiarato sotto giuramento che egli non è un comunista. Sulle questioni più ampie di presunti sovversivi e elementi sleali a Hollywood, i nostri membri sono altresì disposti a prendere azioni positive. Non assumendo consapevolmente un comunista o un membro di una delle parti che sostiene il rovesciamento del governo."

Nei primi mesi del 1948, gli Hollywood 10 furono processati per villipendio nei confronti del Congresso. La iella intervenne; due giudici liberali della Corte Suprema erano morti nel 1947 e furono sostituiti da due conservatori. Gli imputati furono riconosciuti colpevoli, multati fino a 1.000 dollari e condannati a fino a un anno dietro le sbarre. Nel 1950, i 10 persero l'appello nel mese di aprile e la Corte Suprema decise di non sentire il loro caso.
La seconda ondata di interrogatori avvenne nel 1951 e colpì altri nuovi nomi (tra cui Dassin). A collaborazionisti come Elia Kazan e Budd Schulberg, che fecero alcuni nomi,  fu generalmente permesso di continuare a fare film. Dal momento che la difesa del Primo Emendamento non era riuscita a tenere i 10 fuori di prigione, i dissidenti cambiarono la loro strategia legale. Dopo che i due Atti anti-comunisti McCarran-Smith furono approvati, il Quinto Emendamento contro l'auto-incriminazione diventatò la difesa. Il governo non potè più incarcerarli e multarli per oltraggio al Congresso, ma la punizione veniva comunque somministrata dagli studios che non li riassumevano, nonostante adesso fossero liberi. Inutile sottolineare come le condizioni economiche, dopo più di quattro anni di disoccupazione forzata, non fossero floride.
Gli interrogatori costrinsero a denunciare amici e famigliari, a sguazzare nel fango e insozzare la propria coscienza, come disse l'attore Larry Parks. Lionel Stander invece prese in giro la commissione. Prima volle prendere la parola e poi disse "Sono a conoscenza di alcune attività sovversive nel settore dello spettacolo e nel resto del paese. So di un gruppo di fanatici che stanno disperatamente cercando di minare la Costituzione degli Stati Uniti, privando alcuni artisti della vita, della libertà e della ricerca della felicità."

Un altro modo per incastrare i rossi era il Red Channels, una rivitsta scritta da alcuni agenti dell'FBI in cui apparivano vari nomi sospetti, nesuno provato. Era solo per fare controlli preliminari, sparare nel mucchio, chissà che ogni tanto non se ne azzeccava uno. Chi veniva accusato doveva difendersi e fare altri nomi, se non era in grado, veniva messo in lista nera. Dopo un periodo di collaborazione e provata fiducia, si veniva dichiarati "non colpevoli" e si poteva tornare a lavorare.
L'impero cinematografico subì un duro colpo. Con molti dei suoi elementi più impegnati e creativi banditi, la qualità generale della produzione si abbassò notevolmente. Costa-Gavras, ha detto: "Per il cinema e la democrazia, questo è stato uno dei periodi più bui della storia americana. Non c'è alcun dubbio".
Ma la lista nera non poteva durare per sempre. Gli sceneggiatori utilizzarono pseudonimi per vendere i loro script; Trumbo ha addirittura vinto un Oscar (Vacanze romane). Nel 1958, il produttore indipendente Stanley Kramer assunse due sceneggiatori dalla lista nera, Ned Young e Harold Jacob Smith, per scrivere "La parete di fango". Nel 1960, Otto Preminger e Kirk Douglas permisero a Trumbo di apparire nei titoli di testa di "Exodus" e "Spartacus". Infine la lista nera svanì e alcuni artisti riuscirono a tornare.

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Va bene, sto barando, questo era solo un lunghissima introduzione per parlare di un'altro blacklisted, non degli Hollywood 10, caduto nell'oblio nonostante una carriera costellata di gemme meravigliose. E volevo parlare principalmente di lui.

Jules Dassin.
La città nuda, Rififi, I corsari della strada, I trafficanti della notte, Forza bruta. Film meravigliosi, emulati, studiati. Eppure nelle liste dei capolavori di ogni tempo rarissimamente vengono menzionati e non per la loro qualità. Ancora più ignorato è il loro regista, Jules Dassin, un nome maledetto, cancellato e dimenticato. Un uomo che dovette fuggire pur di continuare a lavorare e per fortuna riuscì a regalarci ancora degli ottimi lavori.

Jules Dassin nasce nel 1911 nel Connecticut, ultimo di otto figli di una famiglia ebrea di origini russe. La famiglia si trasfserisce a Harlem, quartiere molto povero di New York. Studia nel Bronx e coltiva il suo sogno di diventare attore. Bruttino, mingherlino, goffo viene sistematicamente bocciato ai provini a cui partecipa, ma non getta la spugna. Se la recitazione gli è preclusa, allora tanto vale metteri dietro la macchina da presa. Dapprima collabora con un teatro yiddish (addirittura arriverà a imparare la lingua pur di comunicare coi colleghi) che opera sul modello sovietico. Tutte queste piccole cose, insignificanti per Jules, nel senso che non le sceglieva perchè "bolsceviche" ma perchè erano le uniche che lo accettassero, per giunta senza paga, legate alle sue origini russe, complicheranno la sua futura carriera.
La prima produzione a cui partecipa è la piece, per bambini, giudicata marxista "La rivolta dei castori" insieme a Elia Kazan. Il sipario scende dopo sole tre settimane ed è proprio la polizia a mettere i sigilli.
In questo ambiente di profonda povertà, con la Quinta strada a poche centinaia di metri, e con colleghi e amici legati a una certa visione del mondo, Jules si avvicina al partito comunista. Decide di aderirvi dopo aver visto a teatro una produzione di Clifford Odets Waiting for Lefty, che tratta di un gruppo di tassisti in sciopero durante la grande crisi degli anni 20.

La sua carriera decolla grazie al un lavoro in radio. Qui viene notato da un produttore di Broadway che lo assume per dirigere qualche opera. Ben inserito nell'ambiente decide di seguire l'esodo di una certa parte di artisti, liberali e democratici, verso Hollywood e la costa ovest degli Stati Uniti. Viene ingaggiato per sei mesi dalla RKO e nel 1940 sarà addirittura l'aiuto regista di Alfred Hitchcok per Mr & Mrs. Smith
Scaduto il contratto viene chiamato dalla MGM che lo firma per ben 7 anni. Passa da una piccola produzione all'altra, sia come regista che come attore, ma il suo vero grande debutto risale al 1947, quando firma per la Universal (era motlo scontento alla MGM), con il film Forza bruta, un dramma sull'evasione di un gruppo di carcerati capitanati da Burt Lancaster.
A portarlo alla Universal è il coraggioso produttore e ex giornalista caustico, Mark Hellinger, che l'anno prima aveva già fatto debuttare un altro immigrato come Robert Siodmak con I gangsters. Hellinger è dotato di una profonda sensibilità e favorisce produzioni di stampo europeo, neo-realista, vicino al documentario, che parlino della condizione di quell'America più povera e bistrattata.

Il set de la Città Nuda, film su New York e tutta New York è presente
Come già detto, fare questo tipo di film in questo periodo è difficile e bisogna sempre mitigare il messaggio finale o smussare certi aspetti delle storie raccontate. Il successivo La città nuda (1948) è forse il suo più bello e di sicuro la più sincera e accorata lettera d'amore a New York, the greatest city in the world,  tra le tantissime scritte da migliaia di registi nel corso della storia del cinema.
E' un noir vecchio stampo, con una donna uccisa in maniera particolare e un investigazione complicata. Ma la vera protagonista è la città e i suoi abitanti. Un formicaio attivo ad ogni ora del giorno con le sue luci e le sue ombre. Girato tutto dal vivo, senza quindi l'utilizzo di set precostruiti e girato tra le vie della megalopoli con personaggi reali ripresi nelle attività di ogni giorno, è fortemente ispirato al modello italiano neorealista e soprattutto a Roma città aperta di Rossellini.
L'anno successivo è il turno di I corsari della strada, un altra meraviglia. Carico di tensione racconta di un emigrato che finisce a lavorare come camionista e di tutti i rischi che questo mestiere comporta, dell'ambiente malavitoso che vi gravita attorno e della fatica dei lunghi viaggi su trabiccoli tenuti insieme con lo scotch.
Ma la carriera di Dassin sta per prendere una brutta piega. La commissione ha già iniziato la sua caccia alle streghe e ogni persona accusata anche solo di aver legami o simpatie verso attività sovietiche, sovversive, viene torchiato. Spuntano i primi nomi e Dassin viene accusato.
Il suo produttore alla 20th Century Fox, Darryl Zanuck, lo manda in Inghilterra a girare il nuovo film, I trafficanti della notte, con un consiglio "Gira prima le scene più costose e importanti, non si sa mai", di modo che al massimo potevano sostituirlo con un altro regista per le scene minori (gli disse anche di prendersi dietro Gene Tierney, dato che non riusciva a rimorchiarla).
Dassin parte per Londra di corsa senza neanche il tempo di leggere il romanzo. Fa a Londra quello che aveva fatto a New York, ne mostra i luoghi più turistici e spettacolari insieme a quelli più bui e pericolosi. Il risultato è un noir espressionista tra i migliori nel genere.

Finito il film torna a Hollywood dove non gli viene permesso di mettere piede in uno studios, in accordo con le leggi imposte dalla HUAC. Deve parlare al telefono con i montatori e il compositore, per non rovinare anche la loro carriera. Ovviamente il film è un flop epocale, ma gran parte del merito va alla cattiva pubblicità, di tipo politico, ricevuta.
Durante il 1950-51, Dassin torna in Europa dove cerca di continuare la sua carriera nella produzione cinematografica locale. Ironia della sorte, data la sua situazione conflittuale, lavora alla preparazione di un adattamento del best-seller satirico di  Giovanni Guareschi, Le petit monde de Don Camillo, con l'amato attore comico francese, Fernandel, nel ruolo del sacerdote costantemente in contrasto con il sindaco comunista del suo villaggio. Il produttore del film, Giuseppe Amato, che ha anche prodotto il classico neorealista, Ladri di biciclette (1948), mollerà il progetto preoccupandosi che la presenza di Dassin possa danneggiare la prospettiva del film di ottenere un importante distribuzione americana. Mentre è al Festival di Cannes nel 1951, Dassin scopre che Frank Tuttle e Edward Dmytryk (regista ebreo di origine ucraine), dopo mesi di interrogatori, hanno testimoniato contro di lui nel corso delle audizioni HUAC. Decide così di ritornare negli Stati Uniti per difendersi.

Per un periodo breve tuttavia, giusto il tempo di rinnegare le accuse e trasferirsi con la famiglia in Francia. Dassin testimoniò di non essere più un membro del partito comunista e di averlo mollato, inferocito, nel lontano 1939, dopo che l'URSS strinse un patto di non aggressione con Hitler. Ma non valse a nulla, Hollywood l'aveva rigettato ormai.
Sono passati quasi 2 anni dal suo ultimo lavoro e farsi strada in Europa è dura. Si trasferisce in un paese fuori Parigi. Non conosce la lingua, non ha amici o agganci e per di più la moglie vuole il divorzio e la paura dei produttori europei nell'assumerlo è sempre forte (la causa è sempre quella, i distributori americani minacciavano di non compare i film). Ma la Francia gli è solidale e l'associazione dei registi, capitanata da Jacques Becker, gli conferisce una onorificenza come simbolo di sostegno.
Nel 1955 torna finalmente a lavorare e non a un progetto qualsiasi, bensì alla trasposizione di un best seller noir, Du rififi chez les hommes. Il film è uno dei più bei noir, un capolavoro (Truffaut disse "Il film è uno dei più belli mai visti, il libro uno dei più brutti mai letti") con una sequenza centrale, quella del colpo notturno, fatta di 35 minuti di silenzio totale e tensione ingestibile.
Per fortuna la classe e il talento non vengono cancellati da una lista nera e Dassin riuscirà a rifarsi una carriera sfornando altri noti film come La legge e in compagnia della nuova moglie, l'attrice greca Melina Merkouri, Mai di domenica e Topkapi (una nuova versione di Rififi, che influenzò qualsiasi film di rapine e colpi, in primis Mission Impossible). Purtroppo però rimane uno di quei registi bollati, con l'asterisco, volutamente cancellati dalla memoria collettiva. Per fortuna i film esistono ancora e quelli di sicuro, dopo averli visti, è impossibile dimenticarli.


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Nella prossima puntata, a tutta Psyco, chicche e quant'altro.

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