venerdì 7 marzo 2014

Short Term 12 di Destin Cretton

Senza data di uscita italiana per ora.
In concorso al 66° Festival del film di Locarno.
 
10 minuti di applausi senza sosta (e qualche lacrimone) alla prima internazionale nel PalaFevi di Locarno, una pioggia di consensi da parte della critica mondiale, premi in ogni dove e futuro brillante per regista (già in produzione un film con Jennifer Lawrence) e attrice protagonista.
Trattasi di uno dei tre o quattro casi -positivi- dell'anno. Chi dice che il cinema americano è morto non sa evidentemente di cosa parla. Sempre più influenzato dal minimalismo europeo e asiatico e dagli autori più underground della propria scuola, si reinventa in continuazione in queste piccole produzioni indipendenti che rimangono sotto traccia, trionfi di modestia di cui nessuno se ne accorge. Un cinema vivo più che mai, che si crogiola all'ombra delle mega produzioni e dei blockbusters, e che è, in maniera sempre più evidente, il futuro che avanza di questo pazzo pazzo business.
Versione lungometraggio dell'omonimo corto made in 2008 dello stesso Cretton, basato sulle sue reali esperienze, Short Term 12 è ambientato tra le mura e i cancelli di un centro educativo per adolescenti problematici nella zona di San Francisco.
Nel suo stile documentaristico -a qualcuno ha ricordato, a ragione, i grandi documentari di Frederick Wiseman- spende una prima parte del film a spiegare come funzionano le cose in un luogo simile; le riunioni ad inizio giornata, i litigi, le crisi e i tentativi di fuga, le porte che devono rimanere sempre aperte, la stanza della rabbia, i giochi e le risate ma anche la serietà e la disciplina. Un mondo di sofferenza a cui bisogna offrire il proprio sorriso, la propria compassione e attenzione. Un'oasi di pace, che piaccia o meno, lontana dalle proprie famiglie disfunzionali, dalla società inaccogliente e dura. Un rifugio che non può nulla però, una volta raggiunta la maggiore età o davanti all'omertà e alla paura delle vittime e dei carnefici.
Due punti di vista. Di chi li ci deve stare per forza, i "pazienti", giovani sfortunati, con le cicatrici sul corpo e dentro di esso, nell'anima, gusci non del tutto vuoti ma sempre più chiusi, sempre più soli e solitari, impauriti da un mondo che non riconoscono e che li ha usati. E poi il punto di vista dei volontari, degli educatori, alcuni di essi reduci da situazioni simili, per cui sanno alla perfezione cosa serva a questi ragazzi. Non esperti, non psicologi o psichiatri -e purtroppo anche senza il loro "potere" decisionale- ma uomini e donne dotati di grande cuore e grande fegato, per sopportare quello che ogni giorno vedono e sentono.
 
Potrebbe sembrare un compitino per casa ma non lo è. Short Term 12 comunica senza dire esplicitamente, come la storiella disegnata da Jayden del polpo senza amici e dello squalo affamato, e lo fa senza scadere nella banalità o nel didascalico, nel retorico e nel patetico. Emoziona senza sforzo, con un occhio asciutto, in un ritratto autentico di ragazzi problematici e delle persone che ogni giorno cercano di educarli e aiutarli. E' un film a cui vorresti resistere, con tutte le tue forze. Vorresti sottolinearne il dramma a volte troppo semplificato o a altre volte esasperato, ma non riesci, perché sai che è tutto vero. Come uno dei giovani protagonisti, cerchi di non farti risucchiare dal meccanismo, di fuggire, cerchi di aggrapparti al tuo senso critico e guardare con occhio distaccato. 
Brie Larson, premiata a Locarno per la miglior interpretazione femminile (discorso di ringraziamento per il premio, registrato con un giorno d'anticipo a bordo di un taxi newyorkese, in quanto era già partita per altri impegni) ci regala una prova molto sofferta, misurata e autentica. Non ha bisogno di isterismi o di avere tutto lo schermo per se per mostrare la fragilità e l'insicurezza del suo personaggio. Piccoli gesti, espressioni, e tutto si apre, si rivela come lo sbocciare di un fiore delicato.
Aiutata anche dall'ottima sceneggiatura di Cretton che da vita a uno dei personaggi femminili più memorabili dell'anno (Gloria, Frances Ha, Blue Jasmine, le donne di Osage County è stato un anno splendido per il cinema in rosa). Questa ragazza di 25 anni circa, con un passato famigliare turbolento a dir poco, che ha paura di vedere il proprio figlio alle prese con un mondo simile, incapace di aprirsi con una terapista o con Mason, suo compagno di vita, trova qualcuno con cui parlare e raccontare la sua infanzia in una giovane se stessa, come in una sorta di transfer, per Jayden da ragionevole e tranquilla diventa una vera leonessa, pronta a ricorrere persino alla violenza per salvarla.
Non sono da meno come caratterizzazione anche gli altri protagonisti, come il solare Mason (interpretato dal buon John Gallagher Jr.) ex teppista o l'introverso Marcus (Lakeith Lee Stanfield) rapper dal cuore d'oro.
Uno dei più bei film del 2013, e a conferma di ciò manca un'uscita italiana, un film da vedere, che tocca il cuore e vela l'occhio (bè dopo questa...).

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