mercoledì 27 agosto 2014

Liberaci dal male di Scott Derrickson

Nelle sale dal 20 agosto

In un mercato saturo come quello dell'horror, e con pochi film all'attivo, Scott Derrickson è riuscito a farsi un nome. Era piaciuto molto il suo L'Esorcismo di Emily Rose, con cui si era imposto all'attenzione del pubblico, e probabilmente è piaciuto ancora di più il recente Sinister, su cui il sottoscritto conserva ancora qualche perplessità.
Questo Liberaci dal male però nasce ancora prima, nel 2004, quando il produttore Jerry Bruckheimer chiede a Derrickson di sceneggiare Beware the Night di Ralph Sarchie e Lisa Collier Cool, un resoconto delle misteriose esperienze vissute dall'agente Sarchie (è proprio lui a consigliare a Derrickson il libro su Anneliese Michel, da cui sarà tratto L'esorcimo di Emily Rose). La sceneggiatura però è rimasta nel cassetto per dieci anni, finché lo stesso Derrickson se n'è ricordato e ha deciso di dirigerla personalmente.
Siamo nel Bronx, in una New York quasi irriconoscibile per quanto è cupa e uggiosa. L'agente Sarchie (Eric Bana, ma in origine doveva essere Mark Whalberg) trascura la famiglia per indagare su una serie di crimini apparentemente inspiegabili. Aiutato da padre Mendoza, un prete insopportabilmente cool, scorpirà che i suoi casi hanno a che fare con il soprannaturale.

Altra storia vera, altra corsa. Bruckheimer voleva un "Serpico incontra L'Esorcista" ma Derrickson dice di aver girato un "Seven incontra L'Esorcista" e non c'era bisogno di precisarlo visto che il debito è piuttosto evidente. La New York di Deliver us from evil ha molto, troppo, in comune con la Los Angeles del film di Fincher, costantemente bersagliata dalla pioggia e marcia fino alle fondamenta, cambia la palette cromatica (qui dominano i colori freddi) ma la sostanza rimane la stessa. Certo Derrickson non è uno sprovveduto e non mancano situazioni suggestive, soprattutto nella prima parte, ma siamo ben lontani dalle atmosfere malsane e disturbanti dei filmini di Sinister.
L'altra metà del film, quella che si rifà al capolavoro di Friedkin, è invece terribilmente derivativa, un calderone di tutti i cliché più sfruttati del sottogenere: c'è l'antefatto in medio oriente, la contaminazione tra cristianesimo e religioni pre-cristiane, solito latino, solita inconofragia, soliti riti... la novità dovrebbero ssere i posseduti: non i soliti indemoniati che scalciano e bestemmiano ma individui razionali (più o meno) che pianificano e scatenano il male con una certa meticolosità (forse per mascherarlo tra i "normali" crimini di New York, ma allora a che pro ?), un fatto che contraddice l'affermazione di padre Mendoza, secondo cui il male è irrazionale e imprevedibile.
La seconda novità è, o dovrebbe essere, proprio lui, l'esperto del paranormale, padre Mendoza (Edgar Ramirez), un prete giovanissimo, con capelli lunghi e selvaggi, ex-tossico dipendente che va a correre sotto la piogga e poi si fionda in un bar a tracannare whisky ("per me è una medicina!"), che fuma mentre confessa e fa apprezzamenti sul culo delle cameriere, il massimo della tridimensionalità insomma, mi ha ricordato molto il rabbino esorcista di The Possession.
Più che un x incontra y, si tratta semplicemente della giustapposizione di due generi, presi e messi insieme senza un minimo di inventiva, con una sceneggiatura che a sua volta tira avanti a forza di cliché e stereotipi ritriti (Sarchie è il tipico detective "tormentato dai fantasmi del passato" che "trascura la famiglia" e "si porta il lavoro a casa"). La metafora politica poi - l'Iraq come nuovo Vietnam da cui i soldati tornano "cambiati" - è a malapena accennata e probabilmente risente del fatto che la sceneggiatura è ormai vecchia di dieci anni (ammesso che il messaggio non sia tutt'altro, ovvero che l'Iraq è il regno del male e il Bronx, dove vivono le minoranze, è il luogo in cui il male attecchisce meglio!).
Tuttavia il vero e più grave problema del film, la ragione per cui meriterebbe la damnatio memoriae, è il fatto che le canzoni dei Doors vengano utilizzate per suggerire l'idea che le porte dell'inferno sono aperte. Ma che dico suggerire ? Per affermare! Quando il maligno si manifesta, Eric Bana sente proprio Break on through o Riders on the storm. Allora, sgomento quanto noi spettatori, chiede spiegazioni a padre Mendoza, e lui candidamente risponde "Senti i Doors perché delle porte sono state aperte.". Perché non bastava una delle metafore più stupide mai inserite in una sceneggiatura, bisognava anche farla parafrasare dai personaggi. Ma come caspita si fa ? Con che coraggio ?

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