Nel 1959, in seguito al grandissimo successo di
Intrigo Internazionale, Alfred Hitchcock (o
Iccicocke) si ritrovò davanti a un interrogativo cruciale per la sua carriera: e adesso? Dopo aver regalato alla storia del cinema pietre miliari in diversi generi, aver sperimentato nuove tecnologie, confinato l'azione in microcosmi o averla spalmata su monumenti nazionali, il maestro si trovava a corto di idee. Con la stampa già pronta a eleggere il suo erede e una banda di cloni alle calcagna, una fama da mantenere e allo stesso aggiornare, Hitch doveva trovare l'ennesimo coniglio da cavare dal cilindro. Ed è così che gli capitò tra le mani il libro Psycho, di Robert Bloch, ispirato alla reale vicenda di Ed Gein, il macellaio del Wisconsin.
Scelse quindi di fare un horror a basso budget, uno slasher di infimo livello sulla carta, ma il genere più in voga in quegli anni, con migliaia di ragazzini che invadevano i cinema. Si finanziò da solo, andò contro le major e l'opinione di colleghi e amici, persino contro la censura. Ed ebbe successo, il più grande della sua carriera già gloriosa. Ma quanti e quali problemi affrontò durante la produzione e come venne accolto? (per un approfondimento, meglio il mio speciale su
Psycho).
Dopo The girl, produzione BBC-HBO uscita direttamente in tv che raccontava del rapporto tra Hitchcock e Tippi Hedren, ci ritroviamo a breve distanza con un altro film dedicato al grande maestro inglese. Fare peggio di quel film-tv era impresa ardua ma non impossibile a quanto ho visto.
Ispirato dal libro di Stephen Rebello, Come Hitchcock ha realizzato Psycho, un ottimo libro pieno di aneddoti sul film e sul regista, scritto con grande stile e dovizia di particolari, il film di Sacha Gervasi non potrebbe essere più inferiore e deludente di così.
Siamo di fronte al classico "era meglio e più approfondito il libro" anche se per una volta ci confrontiamo con un saggio di analisi e storia e non di narrativa. Nel film si perde tutto l'interesse che lo spettatore potrebbe trovare nello scoprire i tanti retroscena, le litigate tra gli attori e i problemi sul set. Rimane un lieve alone, un qualcosa di non detto, sovrastato dalla ben poco interessante diatriba coniugale tra Alfred e la moglie Alma.
E' vero che il film si chiama Hitchcock e non Psycho, ma questo non significa che non puoi parlare di un'artista attraverso una sua opera, non soprattutto quando hai una base, il libro di Rebello, così affascinante. Tra una scenata di gelosia e l'altra, tra un tentativo di far apparire Hitch come uno stronzo (ci riusciva molto meglio il prodotto BBC-HBO) e uno di far apparire Alma come una devota e maltrattata madre di un bimbo troppo cresciuto, ci si dimentica del resto e ci propinano un finale romanzato e felice che è tuto il contrario di come proseguirono realmente le cose (ancora una volta, The girl).
L'approfondimento della psiche di Hitch è affidata ad alcune imbarazzanti conversazioni con un Ed Gein immaginario. Per il resto non si impegna molto, a parte quando lo vediamo pensare al passato, fatto di Grace Kelly, Vera Miles e Ingrid Bergman o quando si incazza perchè insoddisfatto dalla vita. In definitiva era solo un ciccione bontempone frustrato e sempre in giacca e cravatta, anche quando fa giardinaggio. Non si fa un solo riferimento alla sua bravura e inventiva da regista o alla sua infinita conoscenza dei mezzi.
Quindi si, non parla di Hitchcock, non parla di Psycho, non parla di nulla che sia interessante.