mercoledì 3 luglio 2013

World War Z di Marc Forster

Nelle sale dal 27 giugno

Dopo sei anni e un'interminabile serie di magagne produttive, la Plan B di Brad Pitt è finalmente riuscita a portare sul grande schermo l'adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo di Max Brooks (figlio del più celebre Mel). Arrivato sugli scaffali americani nell'ormai lontano 2006 e diventato presto oggetto di culto, World War Z è il dettagliato resoconto di un'epidemia zombie su scala mondiale, raccontata in tutti i suoi risvolti politici, sociali ed economici.
Ma a noi questo non interessa, perché il librova a parare da tutt'altra parte, o da nessuna parte, se preferite:
Gerry Lane (Brad Pitt) e famiglia stanno trascorrendo insieme una mattinata tipo, una rapida colazione e poi di corsa in macchina per andare chissà dove. L'inizio fastidiosamente standard di uno zombie/disaster movie qualunque, a cui segue una sequenza altrettanto standard: mentre sono bloccati nel traffico di Philadelphia, un'orda di zombie compare dal nulla e getta la città nel panico. I Lane trovano rifugio su una porta aerei e Gerry, ex impiegato delle Nazioni Unite, viene reintegrato in servizio per scortare uno scienziato alla ricerca del "paziente zero".
Parto subito con una premessa: non sono un lettore dei romanzi di Brooks, che conosco soltanto per sentito dire, e il mio (scarsissimo) interesse nei confronti del film era completamente spoglio da qualsiasi tipo di aspettativa, quindi concetti come alta o bassa fedeltà al romanzo non hanno influenzato in alcun modo il giudizio complessivo.

Per curiosità però sono andato a spulciare tra i commenti dei fan, e più o meno tutti tendono a sottolineare il fatto che le due opere hanno in comune soltanto la presenza degli zombie. E allora partiamo proprio da qui, gli zombie. Per quanto mi riguarda faccio una fatica tremenda ad inserire World War Z nel sottogenere degli zombie movie, e non perché sono un nostalgico del filone romeriano che vuole a tutti i costi gli zombie lenti e un sottotesto di critica/satira sociale (non che mi faccia schifo), e neanche per l'assurda pretesa che il morto vivente debba significare sempre e solo horror, ma semplicemente perché gli zombie nel film di Forster sono quasi del tutto irrilevanti, una calamità che potrebbe tranquillamente essere sostituita con una catastrofe naturale a caso, basta che faccia più danni possibile e divida il protagonista dai suoi cari mentre lui è alla ricerca di un rimedio. Sarebbe quindi più giusto parlare di un ibrido tra zombie movie e disaster movie, ma è sicuramente la parte "disaster" a prevalere.
Distruggerò questo film come ho distrutto Angeli e Demoni
La ragione è da ricercare proprio nel modo in cui lo zombie è caratterizzato in questa sua ennesima incarnazione, che poi è la naturale evoluzione di quanto visto in film come 28 giorni dopo e telefilm come The Walking Dead: uno zombie di distruzione di massa che corre come un pazzo (tranne quando fa comodo alla sceneggiatura) e si muove quasi solo in branco, meno "individuo" e più membro di una mandria. Non più il non morto che fa inorridire i vivi e li mette di fronte ad un destino inesorabile, ma un'orda senza volto che si schianta sui muri delle città come le onde anomale nei film di Roland Emmerich.
E allora tanto vale mettersi l'anima in pace e considerare World War Z per quello che è: l'ennesimo blockbuster fracassone prima del desolante vuoto estivo, un disaster movie senz'anima che fa il suo sporco lavoro per quelle due ore, schiva la noia per un pelo e si lascia dimenticare in un batter d'occhio. I problemi comunque non mancano, a partire da una regia e un montaggio che fanno il possibile per impedirci di capire cosa sta succedendo, forse perché se cominciassimo a capire noteremmo che tutto ciò che muove i personaggi di questa storia non ha alcun senso ("il decimo uomo" ? Ma sul serio ?).
Comunque il film un pregio ce l'ha, fa venir voglia di dare un'occhiata al romanzo, anche solo per capire cosa ci siamo persi.

Vai avanti tu, io sono Pierfrancesco Favino.

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