lunedì 7 aprile 2014

Nymphomaniac di Lars Von Trier

Volume 1 nelle sale dal 3 aprile.
Volume 2 dal 24 aprile.

La versione di Intrinseco

Parte 1 e 2
In questi giorni, in concomitanza con l'uscita italiana di Nympomaniac Volume 1, si sono rianimate le discussioni che puntualmente seguono e precedono i film di Lars Von Trier. Al di là delle chiacchiere sterili sui contenuti espliciti, a suscitare qualche interesse è stata soprattutto la polemica, anche questa già sentita, secondo cui alcuni critici e recensori tenderebbero a parlare più dell'uomo Lars Von Trier che del suo film (o dei suoi film), ad identificare totalmente il regista con la sua opera, e viceversa, basti pensare alle accuse di misoginia, che da Antichrist in poi sono diventate quasi un tormentone.
Eppure non parlare di lui è quasi impossibile (ci sto cascando anche io), un regista che ama provocare e sa benissimo quali tasti premere (la dedica a Tarkovskij, peraltro ripetuta), che annuncia pubblicamente di essere depresso e di girare film come forma di terapia, che rilascia dichiarazioni come quelle di Cannes e fa il suo show per le telecamere a Berlino. In un modo o nell'altro, il suo ego e le sue provocazioni arrivano sempre prima del film, e da questo punto di vista Nymphomaniac è il suo capolavoro, anticipato da una marketing virale che non ha nulla da invidiare a quello di Il Cavaliere Oscuro, tutto incentrato sul coinvolgimento in scene hard di attori più o meno celebri, che però sono stati "sostituiti" digitalmente. Un film diviso in due parti come il Kill Bill di Tarantino, distribuito in versione hard e soft per sfuggire ai tagli e vittima di una censura approvata dallo stesso autore, che tuttavia non vi ha partecipato direttamente.

Ma, prima di tutto questo, Nymphomaniac è la storia di Joe (Stacy Martin prima, Charlotte Gainsbourg poi) il cui unico peccato è "aver chiesto troppo al tramonto", una ninfomane che racconta la sua vita a un uomo ancora vergine (Stellan Skarsgård), il suo opposto, qualcuno che vive il racconto senza preconcetti ma anche senza punti di riferimento, e che quindi deve ricondurre tutto a ciò che gli è familiare: letteratura, musica e pesca sportiva. Come Antichrist, Nymphomaniac è quindi il tentativo pericoloso e impossibile di identificare una donna devastata nella psiche e questa volta anche nel fisico, l'illusione che la femminilità si possa analizzare e scomporre in parti, come le diverse voci di una polifonia o i numeri nella sequenza di Fibonacci. Capitoli di una biografia con titoli più eloquenti possibile, che riducano tutto al minimo comune denominatore e forniscano a chi ascolta (noi, Seligman e Von Trier) la chiave di lettura per un mistero indecifrabile. La continuazione di un discorso ma anche, forse, il provocatorio tentativo di rispondere a quelle accuse di misoginia, raccontando una figura femminile (auto)distruttiva, che rifiuta ogni idea di amore e insegue il piacere sopra ogni cosa. La ninfomania di Joe è infatti una sfida a quella polizia morale della società che vuole etichettarla come "sex addict" e rimuovere la sua scomoda oscenità, perché, come spiega Seligman, se al posto di Joe ci fosse stato un uomo nessuno avrebbe alzato un sopracciglio, così come non ci sarebbe stato tanto rumore intorno al film se il protagonista fosse stato un uomo (si potrebbe azzardare un paragone con Shame, che però si reggeva su nomi meno altisonanti). Ed è qui che l'ultima fatica di Von Trier si fa interessante, quando il comportamento e le parole di Joe mettono in crisi il borghese Seligman (e forse noi con lui), quando finalmente arrivano a scalfire la sua ipocrisia, per esempio con il monologo sulla parola "negro" o quello ancora più pungente sulla pietà nei confronti del pedofilo, che reprimendo le sue pulsioni sessuali per tutta la vita riesce dove Joe aveva fallito. Ma sono momenti isolati, perché quella messa in atto in Nymphomaniac è un'operazione fredda e meccanica, come gli amplessi di Joe, un accumulo quasi esasperato di didascalismi, didascalie, split screen e citazioni colte, con un risultato spesso al limite del ridicolo. Lars Von Trier cita e si cita, accosta sacro e profano, musica classica e rock, ma a conti fatti si diverte quasi solo lui, io invece mi ritrovo un po' come Joe alla fine del primo atto: non sento niente. Ma visto che si tratta di un'opera mutilata, forse sarebbe più giusto sospendere il giudizio.
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La versione de Il Monco.

Parte I e Parte II.
-Lo vuoi vedere il mio pesce?
Eh si, è tornato Von Trier. Ve ne sarete accorti dal battage pubblicitario ma soprattutto dalla scia di polemiche, discussioni e brusio spento che ha seguito il progetto (neanche l'uscita, quindi erano chiacchiere sul nulla, come al solito) fino a pochi giorni fa. L'autore più main stream di tutti, e il "commerciale" più di nicchia di sempre. Caso rarissimo di regista detestato da qualsiasi polo, e con sua grande soddisfazione. Von Trier o si ama o si odia. 
Capitolo 1: Il provocatore. Von Trier provoca, ma è forse vero? Ormai non può dire be che è una provocazione, tanto che quando va ai festival gli basta davvero poco per ottenere tutta l'attenzione della stampa e degli addetti ai lavori. Frasi sul nazismo, magliette pazze. E' fin troppo facile per uno come lui, è un campione in questa particolare disciplina.
Ma i suoi film? Di questo Nymphomaniac si parla solo per il suo essere scandaloso, per essere un mezzo porno o in ultima analisi, per non essere scandaloso affatto, anzi. Ma il film com'è? Ah bò. Tutta l'attenzione si è spostata su altro, sui membri, sulle scene forti, sulla censura (non vale così però, Lars, ti danno pure una mano nei tuoi loschi traffici). 
Von Trier potrebbe anche fare finta di fare film, se ne parlerebbe per mesi in ogni caso. Ogni volta che salta fuori con un progetto (L'horror con Antichrist!, La fantascienza con Melancholia!) è un'evento pari ai mondiali di calcio o all'Expo, tutti ne parlano. Ed è cinema d'autore a tutti gli effetti, un trattamento che non si riserba a nessun altro. 
Ma alla fine, mantiene le promesse? E quali poi? Lui non dice o fa nulla, a parte polemiche sterili extra film, non dice il film sarà X e farà  Y, ci pensa la stampa. la stampa ha inventato Von Trier. E ha il coraggio pure di criticarlo. Un po' come Belen o le dive del pop. 
Capitolo 2: La commedia. E questo Nymph()maniac (ogni volta ste parentesi è na palla), provocazione o no, hard o no, è uno spasso, almeno nella prima parte. E' un film sul sesso, sul rapporto che si ha con esso, sul rapporto specialmente che una ninfomane ha con esso. Ed è molto divertente e squisitamente nordico. Non prende mai sul serio l'argomento, ci scherza, forse perchè un po' timido (Lars?) e nervoso, ma principalmente perchè se ne dovrebbe parlare sempre così, con molta leggerezza, sopratutto quando la protagonista è una teen ager in ribellione contro l'amore.
Momenti cult come l'orgasmo spontaneo sulla collina con le apparizioni mistiche di fantozziana memoria, il canto Mea Vulva, Mea Maxima Vulva con sotto il suono infernale, le lezioni di geometria e geografia con la bacchetta usata impropriamente. Persino al povero Seligman scappa una risata. Il tutto condito da una colonna sonora tripudio di ilarità -ma ci torno.
E dove sarebbe sta voglia di scandalizzare?
Capitolo 3: Il sesso esce dalle fottute pareti. Il sesso è vita e la vita è sesso, e molto più semplicemente tutto è riconducibile a delle leggi naturali, a formule assolute, persino lo strusciarsi la passera sul pavimento umido. Von Trier è uomo di cultura, e decide di farne un ampio sfoggio tra una confessione hard e l'altra.
Ma anche in questo caso, sa di essere border line, di essere vicino a quel confine con il mero sfoggio di nozioni enciclopediche e decide allora di inserirle in maniera coatta. Ogni volta che il vergine Seligman interrompe, la sconcia Jo fa spallucce e prosegue. Si bravo, ma mi stai distraendo. Dissacrante Lars.
Capitolo 4: Uma (mi) Thurban. Meravigliosa la sequenza con Uma Thurman (pazzesco vero? Manco si riesce a leggerla questa frase quasi), una sola, veloce apparizione ma che avviene nel climax della prima parte. Un momento altissimo, di puro Von Trier, a metà tra il serissimo e la parodia. Qui la sedia del cinema diventa scomoda, altro che per qualche pompino e per una figa leccata. Qui il dramma irrompe finalmente in un monologo zozzo. Strepitosamente scritta e strepitosamente interpretata dalla Thurman, mentre Von Trier indugia sui volti apatici dei bambini.
Scena specchio del litigio, con peni eretti, tra i due spacciatori di colore per la Jo adulta della seconda parte. Come si sguazza Lars in queste riprese ravvicinate, dove può lasciar cadere l'occhio su particolari scabrosi e dove cerca la reazione del bigotto senza però abbandonare la risata malefica da ragazzino, divertito a torturare le formiche con una lente e un raggio di sole.
Capitolo 5: Gli eccessi. Ovvero la seconda parte. Ma come e la prima? Quando Jo diventa adulta e diventa Charlotte Gainsbourg, il film abbandona il tono semileggero. L'amore rovina tutto. L'amore, e il massacro del proprio clitoride, nascondono l'orgasmo. Ultimi due momenti di puro divertimento giovanile, sono rappresentati dal trucco dei 9 cucchiai (sembra Harpo dei fratelli Marx in La guerra lampo) e dal trucco della pianista con la macchina in panne.
Poi è la ricerca incessante e dolorosa di una donna senza piacere. Una ricerca che viene prima di tutto, anche del proprio figlio e della propria vita stessa. Dal sesso-non sesso con due spacciatori, alla violenza fisica subita, fino a quella inflitta e all'amore saffico. E' come il Brandon di Shame -finito con un omaccione pur di tornare a provare qualcosa- ma senza più limiti. Al che Von Trier cerca il finale e di chiudere il cerchio, e lo fa malino.
L'ultimo capitolo non mi è piaciuto particolarmente, mi è sembrato messo li a caso, tanto per chiudere frettolosamente (chissà se la censura avrà influito, non credo), e che porta a un secondo finale abbastanza telefonato. E' l'unico momento dove Lars diventa un regista canonico e smette di fare il ribelle. E si nota troppo. 
Capitolo 6: La colonna sonora. I Ramstein a tutto volume squarciano il sipario che da su uno squallido vicolo. Musiche che spaziano da Bach agli Steppenwolf, dai Talkin Heads ai Ramstein, passando per Beethoven, appena accennato e arrivando a una geniale autocitazione (da Antichrist) in cui ritorna la meravigliosa Lascia ch'io pianga di Handel. E anche questo è un modo per non prendersi troppo sul serio. Ma su dai, come si possono scegliere certe musiche rimanendo seri. Questa è l'unica provocazione di Von Trier, stuzzica il bacchettone con un film che dovrebbe essere porno e poi la butta nella più totale ironia.
Capitolo 7: Lars e una ragazza tutta sua, Charlotte. La Gainsbourg è un osso troppo tosto per Lars, lasci perdere. Ha provato in tutti i modi a distruggerla ma niente, come un pugile mezzo massacrato ma indomito, si rialza e ne chiede ancora di più. Dopo Melancholia ma soprattutto dopo Antichrist un'altra performance fisica davvero impressionante. Sono ruoli che segnano, nel bene e nel male, una carriera, e lei ci sguazza dentro come fosse una passeggiata. La trilogia di Charlotte.
Capitolo 8: Lars lo amo. Al netto di tutto ciò, Nymphomaniac mi è piaciuto molto e parla uno che non ama particolarmente gli eccessi a sfondo sessuale (puritano a chi? Sono puritano solo nel cinema). Ma il tocco irriverente e dissacrante di Von Trier me l'ha fatto amare. Inoltre quando si concede qualche lusso, l'inizio, alcune sequenze en plein air, gli innesti da vecchie VHS, dimostra tutta la sua bravura registica. Viva Lars, la più grande invenzione degli ultimi 20 anni.

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