venerdì 22 febbraio 2013

La mia mamma suona il rock di Massimo Ceccherini

In sala dal 14 febbraio, ma in pratica in nessuna sala.
A nove anni dalla sua ultima fatica, La mia vita a stelle strisce, come regista e dopo tante comparsate in film di infimo livello o peggio (Operazione vacanze di Fragasso, Matrimonio a Parigi, Amici miei come tutto ebbe inizio), Ceccherini è tornato. no non iniziate a spernacchiare e a fischiare, il clown fiorentino, il lucignolo dalle mani coi calli è tornato molto in forma e è pronto a stupire tutti quanti.
Cristiano e Franco sono una coppia di stilisti omosessuali molto inquartati. Sono a un passo dal firmare un oneroso contratto con una super modella quando tutto va in pezzi. Cristiano, nonostante viva un vita felice e agiata con il suo compagno, sente un enorme mancanza: un figlio. Consapevole di non poterlo avere da Franco e impossibilitato dall'adottarlo a causa di grandi potenze come la chiesa cattolica e il governo italiano, finisce per deprimersi e avere un blocco creativo. Franco le prova tutte: l'animaletto esotico, un camaleonte rarissimo; il bambino africano adottato a distanza; il classico cagnolino batuffoloso. Niente, sono tutti placebo che non placano l'istinto materno dell'uomo. La crisi arriva a un punto tale che i due si mollano e Cristiano finisce per smettere di vivere, semplicemente sopravvive. Deambula per casa, dorme la maggior parte del giorno e vaga senza meta la notte. Proprio durante uno di questi viaggi incontra Massimo, il leader alcolista quarantenne di un gruppo rock-punk (i cui membri lo odiano), totalmente ubriaco. Scambiato per un barbone, lo porta a casa sua e lo tratta come il suo bambino appena nato. Lo culla, lo allatta, gli fa fare i bisognini. Massimo, rinchiuso in questa gabbia d'orata e intrisa di follia, tenta spesso la fuga.
Lasciate perdere i pregiudizi, lasciate perdere che è un film del Cecche, lasciate perdere tutto. Non è una trama interessantissima? Non è un dramma contemporaneo/sociale intriso, zuppo di Almodovar? Ceccherini tra una bestemmia e l'altra e tra una ciocca e l'altra (immortalata da un telefonino) riesce a tirare fuori (perchè è attore, regista e sceneggiatore) una delle idee più accattivanti degli ultimi anni. 
C'è una bella e accuminata critica al bigottismo italiano, uno stato controllato dal retrogrado vaticano, che non permette alle coppie gay di adottare un bambino; c'è una lucida analisi della follia umana sotto le spoglie del gigantesco Antonio Fiorillo, inquietante quanto credibile come malato mentale; e c'è infine la prigionia di un innocento che instaura un rapporto di amore odio con il suo genitore/carnefice, un tema che negli ultimi anni va per la maggiore soprattutto nel genere horror (Chained su tutti della Lynch).
Per certi versi La mia mamma suona il rock è il più interessante film di Ceccherini, senza dubbio, è il miglior pure sul lato dei contenuti. Peccato che sia invece, paradossalmente, il peggiore della sua filmografia se andiamo ad analizzarlo dal lato formale.
Strizza l'occhio al grande regista spagnolo, ammicca a Franju e finisce con una grande, veramente, sequenza d'addio al cento per cento burtoniana. Il trenino, il girotondo finale dei diversi sulla giostra, con tutto il paese e il Paese che li guarda schifati. Ma sono felici, soddisfatti e relizzati. Ognuno ha quello che vuole, i cattivi sono sconfitti e nessuno può farci nulla. Un ultimo fotogramma dal sapore di rivalsa, per tutti!

Tutta quella suggestiva sceneggiatura viene affossata da una regia scailba ricca di tempi morti, un umorismo bieco e che latita a partite, dei dialoghi di pessima fattura e soprattutto dei filtri fotografici da sottoprodotto televisivo che lo fanno apparire più come un corto da YouTube che un film per il grande schermo. 
Una produzione alle spalle più ricca e più severa in alcune scelte di Ceccherini (penso che la seconda parte sia più cafona, quasi in maniera imperdonabile, persino per un suo film) probabilmente avrebbero salvato ed elevato un film con ottime premesse. Invece in questo modo, il risultato finale è un brutto film, molto semplicemente, ma che riesce a entrare a pieno diritto nell'universo privatissimo dello strakult italiano. 
Anche sul lato attori ci si potrebbe lamentare, ma non mi sento in grado di dire nulla sul Cecche (sempre vestito da neonato, scene kultissime), il Monni (in un imperdibile parroco avvezzo al footinghe) e il Paci (in un piccolo ruolo come capo dei vigili urbani, la cui sorella è invaghita di Ceccherini) perchè loro sono dei personaggi e non attori. Stupido da Cristina Dal Basso, tanto scema da chiederci se ci fa o ci è. Memorabile il mitico pedinatore assunto da Paci (non so il nome, me possino) e le sue barzellette vecchie e che non fanno ridere, poi dette con quella voce suadente. Di Fiorillo ho già detto, inquietante e imponente. Vanno ricordati infine Lallo Circosta (anche nudo) abituè di Stracult e una Valeria Marini in comparsata.
Purtroppo il Cecche butta in trivialità una delle idee più originale dell'ultimo cinema italiano, rendendo un film ceccheriano veramente ceccheriniano quando invece, per una volta, non serviva il suo tocco. Chissà che un giorno qualche grande regista non lo ripulisca e lo riproponga in chiave più "seria". Occasione sprecata, ma da vedere, perchè merita più che una bocciatura a priori.

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