martedì 17 dicembre 2013

Frozen - Il regno di ghiaccio di Chris Buck, Jennifer Lee

Nelle sale dal 19 dicembre.

Che anno misero è stato questo 2013 per l'animazione. Nessun Ghibli (si Miyazaki era a Venezia ma quando arriverà nelle sale italiane?), nessuna piccola perla come Ernest e Celestine, nessun mezzo riuscito come Paranorman. Persino la Pixar ha tenuto un altro anno sobrio con l'uscita del solo Monster University, un prequel. Un anno di cui ci ricorderemo di ben poca roba. Cattivissimo me 2? I Croods? Planes? Turbo? Epic? Tutta robetta o robaccia. E proprio all'ultimo minuto, a provare a salvare la baracca, arriva (aspettando Piovono polpette 2 che pare essere evitabile) Frozen della Disney, un film che avrei saltato se non avessi letto "dai produttori di Rapunzel" che ho adorato (giuro, posso esibire il blu ray 3D addirittura).
Ed ecco un giudizio a freddo (hu una freddura): Frozen non vale Rapunzel e non riesce nella titanica impresa di salvare l'intero anno fiacco.
Ci ritroviamo su una seggiovia con due ragazzi sospesi e dei lupi sotto....no quello era un altro Frozen. Elsa è una bambina speciale, è infatti dotata di un potere magico che le permette di ghiacciare le cose (stacce), roba che nel regno di Arandelle ci fai una fortuna se metti su un impianto sciistico. Purtroppo però in seguito a un incidente con la sorellina
Anna, ridotta in fin di vita, viene rivelato che a causa di tale potere, succederà una tragedia ed è quindi cosa buona e giusta che lo nasconda e che anch'essa si nasconda dal regno. Lei ne soffre ma ne soffre ugualmente la piccola Anna, libera di girare ma senza più la sua migliore amica. Una volta cresciute, la situazione è rimasta immutata, i genitori sono morti (eh è un film Disney!) ed Elsa, raggiunta la maggiore età, viene proclamata regina del regno -e ti chiedi, ma periodo di 3 anni senza genitori e lei chiusa in camera, chi regnava? Durante la cerimonia che segna anche l'unico giorno in cui vengono aperte le porte del castello, Elsa perde la brocca e non riesce più a controllare il suo potere. Fugge così via -costruendosi un castello di ghiaccio meraviglioso che levati. Ma come fa a essere un architetto di tale livello?-, ma la sorellina fa di tutto per ritrovarla e convincerla a tornare. Non sarà facile.

La Disney prosegue con il revival delle principesse e un cinema più votato al femminile -senza tuttavia evitare scivoloni maschili come Planes- e dopo Raperonzolo e Brave sceglie una favola di Hans Christian Andersen con un'eroina a cui cambiare il colore dei capelli durante il corso del film. 
L'inizio è traumatico, soprattutto per le voci italiane dei bambini e per via di alcune canzoni non riuscitissime. Poi per fortuna arrivano i professionisti e il livello sale piano piano soprattutto grazie alla caruccia Oggi, per la prima volta, con cui usciamo finalmente da palazzo e intravediamo un po' di regno. 
Il livello grafico-visivo dei prodotti Disney è una sorpresa ogni volta e lascia sempre allibiti. Tocca ripetersi nel sottolineare la cura dei dettagli, la vastità dei paesaggi, la cura e la fluidità dei movimenti. Questa volta, accantonati per un po' le chiome sempre più varie -è da sboroni tirar sempre fuori una fisica perfetta per le movenze dei singoli capelli- si concentra maggiormente sulle espressioni facciali dei singoli personaggi. Quelle di Anna sono forse il livello più alto raggiunto ad oggi. Sembra che ogni possibile movimento di ogni possibile muscolo facciale sia stato calcolato. Dagli zigomi alle palpebre è una festa. Se non avesse un look cartoonesco si potrebbe pensare che sia fatta di carne e ossa.
Detto ciò e apprezzati i colori e la realistica neve -che dici, eh facile, ma vai a farla te- arrivano i tasti dolenti. Tralasciando una storia che non dispone di molta profondità e che segna l'ennesimo stagnamento di idee dello studio, il film è uno dei più studipini dell'ultimo periodo. Non siamo per fortuna ai livelli Dreamworks, ma ci si abbassa sempre di più ad altezza e livello bambino piccolo. Soprattutto grazie all'odioso Olaf, un pupazzo di neve brutto e sgraziato, dreamworksiano, questo si, fino al midollo, sciocchino e puccettino. E' persino brutto da vedere -ed è fatto da Elsa! L'architetta suprema, che probabilmente ha disegnato anche la fortezza della solitudine di Superman. Un pupazzo il cui unico spunto interessante è che ama l'estate e il calore, senza conoscerli e senza sapere quanto siano dannosi per lui.
Poi ci sarebbero anche i sassi parlanti che rotolano e cantano e sono la famiglia del protagonista maschile, ma ve li risparmio. 
Grande ripresa nel finale dove viene fuori il messaggio del film. Per scaldare un cuore ghiacciato, serve l'ammore. Un gesto di puro amore riuscirà a salvare addirittura una vita -all'inizio può anche essere un bacio, ricordando così quello di Biancaneve- perchè l'amore non è nient'altro che mettere il bene di un altro prima di noi. La solitudine di Elsa, tanto ricercata e apprezzata, deve essere vinta dall'amore famigliare. D'altronde lei non è neanche cattiva, è solo tormentata da un incidente avvenuto in giovanissima età.
Quindi baci baci baci, carezze, l'amore trionfa, e il nostro cuoricino in effetti si riscalda un po'. Non abbastanza tuttavia da essere pienamente soddisfatti dal film.
Però segnatevelo, per combattere il freddo serve l'amore, quindi dateci giù sotto le coperte co' sto freddo polare che ancora devasta (!) la nostra penisola.

Molto brava Serena Rossi, sia come recitazione che come qualità canore. E' spontanea e gioviale, come il suo personaggio. In originale la voce di Anna è di Kristen Bell, anche lei brava (#soddiparte). Olaf è invece doppiato da Brignano e nonostante lo detesti, sia Olaf che lui, svolge un ottimo lavoro.

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