venerdì 6 luglio 2012

L'immondo profondo #4: Ti West


La sua foto su imdb già dice tutto.
La settimana scorsa vi ho parlato di Lucky McKee, un altro giovinastro talentuoso che ha portato una ventata d'aria fresca nel polveroso mondo dell'horror, beh in un'ipotetica classifica dei migliori registi horror, o comunque dei più promettenti, questi due ragazzi si litigherebbero il podio.
Io almeno non saprei chi scegliere, McKee fa un tipo di cinema meno raffinato, punta tutto sulla potenza delle immagini e sulla forte carica emotiva delle storie che mette in scena, invece Ti West nonostante la foto è un tipo molto più serio, il suo è un horror più elegante, di quelli dove le atmosfere vengono costruite e soppesate con cura, e in cui piuttosto che sangue e frattaglie troviamo lunghi e desolanti silenzi. Se dovessi descrivere il suo stile in una parola probabilmente sceglierei laconico, ma è un termine che non gli rende pienamente giustizia, perché dietro questa apparente semplicità c'è una notevole quanto evidente competenza tecnica. West è un po' come i vecchi registi horror dell'epoca d'oro che noi appassionati stiamo sempre a rimpiangere, un vero e proprio autore che scrive, dirige e monta personalmente i suoi film, quando glielo permettono, ma soprattutto qualcuno che finalmente sa cosa farne di questa macchina da presa.
In un'epoca in cui l'horror è una carcassa in decomposizione, in cui le alternative sono gli sbudellamenti degli slasher o la confusione dei POV prodotti in serie, West ritorna alle origini, svuota il genere da tutte le inutili interiora e lo cucina a puntino.
Ti West nasce a Wilmington nel Delaware il 5 ottobre 1980, nel 2001 a soli 21 anni scrive dirige, interpreta e produce il cortometraggio The Wicked, poi nel 2005 e nel 2007 dirige rispettivamente The Roost e Trigger Man, due film che non sono ancora riuscito a vedere, quindi ci ritroviamo magicamente nel 2009, anno in cui West si ritrova tra le mani Cabin Fever 2, mi ci soffermo solo per due ragioni, la prima è che nonostante i problemi produttivi il film anticipa già alcune caratteristiche delle opere successive, tempi particolarmente rilassati e molta cura nel tratteggiare i personaggi, la seconda sono i problemi produttivi stessi, ai produttori non piace la piega che il film sta prendendo, così lo tolgono brutalmente dalle mani di West e lo montano come piace a loro. West giustamente chiede di non essere accreditato come regista, ma non gli viene concesso neppure questo. Conclusione, Cabin Fever 2 è un vero macello, soprattutto l'epilogo, non so esattamente dove abbiano messo mano i produttori ma se dovessi scommettere direi proprio che si tratta del finale. Tutto questo per dire che West prende molto a cuore le sue creazioni, infatti nei due lavori successivi cercherà di sbrigarsela da solo o con l'aiuto di piccoli produttori (tra cui il bellissimo Larry Fessenden).
Ma passiamo alle portate principali:
The House of the Devil del 2009. West ha finalmente le mani libere e gira questa specie di omaggio agli horror demoniaci anni 70/80. Samantha Hughes è una stundentessa universitaria che ha finalmente trovato la casa dei suoi sogni, per pagare la prima rata dell'affitto accetta un lavoro da babysitter in un posto fuori città, solo che invece di un bambino dovrà accudire una donna anziana che non esce mai dalla sua stanza.
Le sorprese cominciano subito, la fotografia ha una grana grossissima (in alta definizione l'effetto è ancora più vistoso) e i titoli di testa catturano subito l'attenzione, una serie di fermi immagine con delle semplici scritte gialle accompagnate da musiche che potrebber benissimo essere state scritte alla fine degli anni '70. Scenografie, costumi, musiche, fotografia, stile registico... è tutto parte di un unico grande omaggio ad un certo cinema horror da parte di un regista che evidentemente lo conosce molto bene. A me per esempio ha ricordato tantissimo Halloween di Carpenter.
L'altra sorpresa è il film stesso, dei 95 minuti complessivi 80 li passiamo ad osservare Samantha che gironzola per questa grande casa deserta, non succede nulla, o meglio nulla di concreto, ma intanto la macchina da presa segue la protagonista con inquadrature sempre più inusuali mentre rumori sospetti e scricchiolii si fanno sempre più frequenti. Praticamente l'intero film è una lunga preparazione a quello che accadrà nel finale, una lunga sequenza in cui la suspence cresce una goccia alla volta in attesa dell'inevitabile. Nelle interviste West cita spesso Shining di Kubrick come riferimento per la sua estetica, ecco, guardando The House of the Devil è difficile non pensare a Shining, e quest'impressione si fa ancora più forte nel film successivo.
The Innkeepers del 2011, forse il mio preferito. Claire (Sara Paxton) lavora nel noiosissimo Yankee Pedlar Inn, un hotel di periferia molto prossimo alla chiusura. Insieme al collega Luke approfitta dell'edificio semideserto per indagare sulle presunte apparizioni del fantasma di Madeline O'Malley, una donna che si è tolta la vita dopo essere stata abbandonata dal marito durante la luna di miele.
Anche questo una piacevole sorpresa, non si tratta infatti della classica ghost story ma di un bellissimo mix di momenti comici e situazioni cariche di tensione. Claire infatti è irreparabilmente goffa e nella maggior parte dei casi finisce per sobbalzare al minimo rumore sospetto, in pratica il classico salto sulla sedia, il modo più semplice e banale di spaventare, ma il regista ci gioca su e mantiene lo spettatore sempre ben consapevole di quello che sta succedendo, così le apparizioni improvvise non lo colgono mai di sorpresa, mentre Claire invece finisce puntualmente con le chiappe a terra, oppure inizia a saltellare per la stanza imprecando e prendendo boccate dall'inalatore per l'asma. Il risultato è esilarante, ma come per il film precedente le cose si fanno serie solo nel finale e qui ancora una volta Ti West riesce a sorprendere.
Vale la pena di spendere due parole su Sara Paxton, la classica biondina slavata che viene da film come Shark Night 3D o Superhero – Il più dotato dei supereroi, insomma un cavallo su cui non punterebbe nessuno, eppure Ti West la prende, le accorcia i cappelli, le toglie il trucco, la copre con maglietta e jeans e la trasforma in un'adorabile svampita, l'antitesi della scream queen, se non è talento questo...

Maledetto, mi sono innamorato di nuovo.
Ti West ha anche collaborato a V/H/S e ABCs of Death, due film a episodi di cui magari vi parlerò in futuro.

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