domenica 17 novembre 2013

Venere in Pelliccia di Roman Polanski

Nelle sale dal 14 novembre

Scorrendo la filmografia di Roman Polanski, si sarebbe tentati di stabilire un nesso tra la sua attuale condizione di esule o "prigioniero" e le ultime storie che ha scelto di raccontare, tutte confinate in uno spazio limitato ma non limitante, che si tratti di un'isola inospitale o delle quattro mura di un appartamento newyorkese. Eppure, andando ancora più indietro, ci si rende conto che questo suo gusto per il claustrofobico si è manifestato anche in tempi non sospetti, basti pensare a film come Repulsion (bellissimo, anche se lui lo ha quasi disconosciuto) e L'inquilino del terzo piano o ancora al più celebre Rosemary's Baby. Ciò nonostante non si può negare che l'interesse del regista sia ormai interamente rivolto al teatro, lo avevamo intuito con Carnage e ora Venere in Pelliccia ha spazzato via ogni dubbio. La fonte è l'omonima pièce teatrale di David Ives (di origini polacche, come Polanski) ispirata a sua volta al celebre romanzo di Leopold von Sacher-Masoch, un esperimento metateatrale che permette a Polanski di eliminare qualsiasi tipo di surrogato per portarci direttamente sul palcoscenico. Non più teatro che contamina il cinema quindi, ma cinema che entra (letteralmente) nel teatro.

Il promettente Thomas (Mathieu Amalric, non a caso identico al giovane Polanski) si prepara a dirigere il suo adattamento teatrale del romanzo di von Sacher-Masoch. Dopo una serie di orribili provini per il ruolo della protagonista, nel teatro irrompe Vanda (Emmanuelle Seigner, non a caso la moglie del regista), disordinata, volgare e terribilmente in ritardo, un disastro insomma, ma quando sale sul palco e inizia a recitare Thomas rimane folgorato. Vanda, che si chiama proprio come la protagonista, sembra nata per interpretare quel ruolo.
Un romanzo che diventa un'opera teatrale che diventa un film. Venere in Pelliccia nasce già stratificato, la rilettura di una rilettura, un gioco delle parti che nella sceneggiatura di David Ives si complica ulteriormente e che nell'adattamento cinematografico di Polanski assume un significato ancora più ampio, trasformando il discorso metateatrale in una riflessione metacinematografica altrettanto potente.
Sul piano più superficiale c'è la storia d'amore raccontata da von Sacher-Masoch, attrice e regista la ricostruiscono insieme recitando l'intero copione sul palcoscenico, ma, tra una battuta e l'altra, l'ingenua Vanda interrompe continuamente l'illusione per chiedere delucidazioni sul suo personaggio, una sorta di interrogazione socratica che porta alla luce "ambivalenze" e anacronismi del romanzo. Allo stesso tempo la relazione tra Severin e Wanda, trasportata sul palcoscenico, si trasforma in una metafora capovolta del rapporto tra i registi e le loro attrici, che, un po' come Severin, si fanno schiave con la firma di un contratto. O almeno così dovrebbe essere, perché Vanda (quella vera) in realtà tiene in pugno sia l'opera che il suo autore, gioca, inganna, riscrive le battute e capovolge i ruoli (diventa persino una conturbante psicologa), insomma ne fa quello che vuole, trasformandosi in una dea del teatro terribile e seducente quanto la Venere che tormenta Severin. La sua vendetta tutta al femminile si abbatte su Thomas, ma insieme a lui finisce inevitabilmente per colpire Severin, von Sacher-Masov e lo stesso Polanski (a proposito di masochismo!), portando ad una conclusione assolutamente meravigliosa.
Venere in Pelliccia è un balletto divertentissimo, due attori che si impadroniscono completamente della scena e si scambiano battute ad un ritmo forsennato. Litigano furiosamente, si corteggiano, entrano ed escono dai personaggi... tutto sotto l'occhio divertito di Polanski, che orchestra il duetto alla perfezione con una regia intelligente ma misurata. La sceneggiatura non è originale ma sembra scritta apposta per lui, che riesce a renderla ancora più personale affidando il difficile ruolo della protagonista alla sua metà. E naturalmente il palcoscenico è tutto per lei, Emmanuelle Seigner, simpaticissima e ancora stupenda, completamente a suo agio nei panni di un personaggio sopra le righe che nelle mani sbagliate sarebbe diventato grottesco.
Un po' come Friedkin, e casualmente l'età è quasi la stessa, Polanski trova nel teatro una nuova preziosissima linfa per continuare a realizzare (grande) cinema. Il risultato è fantastico, Venere in Pelliccia è uno dei suoi migliori film e una delle cose migliori che ho visto in sala ultimamente. Mi ha divertito ed emozionato come non capitava da tempo, ma l'impressione è che Polanski si sia divertito ancora di più ad immortalare la sua musa in un ruolo tanto eslposivo, e la cosa rende la visione ancora più gustosa.

3 commenti:

  1. Come promesso, dico due paroline. Come previsto, l'ho adorato in tutto e per tutto, e sono totalmente d'accordo con le tue parole. Ciò che ho apprezzato di più nello scambio continuo di ruoli (la maestria nel passare da personaggio della pièce a personaggio del film poi è clamorosa, ancor più plauso agli attori) è il fatto che Thomas, in un modo o nell'altro, finisce sempre per essere la figura debole del romanzo, sia inizialmente quando Severin si mostra servo, sia alla fine quando invece è Wanda a "crollare".
    Comunque, ho trovato fantastico pure il lavoro di fotografia (tra luci, leggeri viraggi e posizioni degli oggetti di scena non sembra d'esser sempre sullo stesso palco, complice la regia) e quello di Desplat, soprattutto quest'ultimo considerato anche che in Carnage l'OST era praticamente assente - armonie "ambivalenti" inserite nei momenti giusti.

    Dimenticavo, credo di amare Emmanuelle Seigner.

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    1. E' vero, non ho parlato della colonna sonora di Desplat. Come la regia, bella e funzionale ma per niente invedente.

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    2. Già, è curatissima e ordinata, rimarca ancor più le relazioni che si instaurano tra i personaggi di volta in volta, però non è artificiosa, sembra quasi non esserci.

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