domenica 14 luglio 2013

To the Wonder di Terrence Malick

Dopo la tiepida accoglienza al Festival del Cinema di Venezia, arriva finalmente nelle sale l'ultima fatica di quel geniaccio di Terrence Malick, che, abbandonati i suoi tradizionali tempi biblici, riesce a completare questo To the Wonder un solo anno dopo il colossale Tree of Life.
L'americano Neil (Ben Affleck, in un ruolo inizialmente assegnato a Christian Bale) conosce la francese Marina (Olga Kurylenko), i sue si conoscono e si amano nelle strade di Parigi e sulle spiagge di Mont Saint Michel. Quando lui torna in America, lei lo segue insieme a sua figlia nel "nuovo mondo", ma il loro amore appassisce e scivola via come le maree dei luoghi in cui è nato.
To the Wonder è la logica continuazione di un ciclo ideale iniziato qualche anno fa con The New World, un ciclo che coincide anche con lo sviluppo da parte di Malick di una certa idea di cinema, completamente libera dalle convenzioni narrative tradizionali. I suoi sono film che lavorano per sottrazioni e accumulazioni: ad ellissi narrative sempre più ampie e frequenti si accostano sequenze in cui la macchina da presa lascia parlare le immagini in tutti i loro infiniti dettagli, ad una quasi totale soppressione dei dialoghi sopperisce un uso intensissimo del soliloquio, quasi un flusso di coscienza dallo stile molto letterario che ci apre una finestra sulla mente dei personaggi, continuamente tormentati da dilemmi che poi affliggono anche il regista stesso.
Quello che differenzia To the Wonder da Tree of Life è il vistoso cambio di scala, laddove il secondo metteva continuamente a confronto l'infinitamente piccolo della provincia americana con l'infinitamente grande dell'armonia universale, il primo si concentra sull'aspetto più terreno ed infinitesimale, la piccola storia di un innamoramento che è anche un piccolo spaccato autobiografico.


Un cambiamento di scala ma non di tematiche, perché anche un mezzo apparentemente banale come la fine di una relazione offre a Malick l'occasione di tornare ad interrogarsi su argomenti più alti. E quindi l'innamoramento diventa un modo per parlare ancora una volta di Dio, quell'amore che ci ama e ci eleva ad uno stato più alto, e di cui possiamo intravedere uno spiraglio osservando la bellezza intorno a noi, che risieda nella natura o in un santuario costruito dall'uomo.
Un amore che però chiede all'uomo di correre rischi e di compiere scelte, altrimenti appassisce e muore, allo stesso modo in cui muore la fede in chi smette di avvertire la presenza di dio.
L'altro aspetto che accomuna To the Wonder alle opere precedenti è il punto di vista squisitamente femminile. Come "Pocahontas" in The New World e la madre in Tree of Life, Marina è una rappresentazione della grazia, tenera figura materna e amante passionale, un animo sensibile che si nutre di una personalissima forma di spiritualità. E anche lei, come le altre, finisce per legarsi inevitabilmente ad una figura maschile che è il suo esatto opposto, un amante più legato alla dimensione fisica del rapporto, incapace di accogliere e restituire tutta quella tenerezza e quindi incapace di amare ad un livello più alto. Un compagno amorevole che si trasforma in un amante brutale e in un odioso carceriere da cui è quasi impossibile distaccarsi; così Marina, come una Pocahontas al contrario, abbandona le strade affollate della sua Parigi e le spiagge armoniose di Mont Saint Michel per la desertica provincia americana, dove l'acqua ristagna in pantani inquinati dal petrolio. Luoghi in cui "manca qualcosa", resi grigi e sterili da una cappa opprimente che pesa su personaggi e spettatori e da cui bisogna solo trovare il coraggio di scappare.
E' difficile tirare le somme su un film come To the Wonder, istintivamente sarei tentato di definirlo un Malick minore, non tanto per una banale questione di qualità, ma semplicemente perché mi sembra un film meno ambizioso dei precedenti da tutti i punti di vista, più chiuso su se stesso e su tematiche già affrontate meglio e in modo più interessante in altre sedi. Forse ad insinuare il dubbio è stata proprio la notizia di una realizzazione così veloce, senza i soliti anni di preparazione, come se dopo Tree of Life Malick fosse rimasto impantanato nella stessa storia e si fosse subito rimesso al lavoro. Ma a un regista del genere è impossibile tenere il broncio, soprattutto quando ti regala l'ennesima splendida esperienza visiva (Lubezki sempre fenomenale) e la arricchisce con un cast (femminile) così ben valorizzato. Finalmente qualcuno si accorge della meravigliosa e promettentissima Olga Kurylenko.

6 commenti:

  1. Il film meno riuscito ad oggi di Malick per me

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    1. Anche per me. Speriamo sia stata solo colpa della fretta.

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  2. mi pare che nel film ci siano anche alcune sequenze girate per The tree of life.

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    1. Così dicono. Io non saprei individuarle con sicurezza, anche perché saranno sicuramente alcune di quelle a tema naturale.
      E poi c'è il solito mare di roba tagliata, tra cui le scene con Jessica Chastain e Rachel Weisz.

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    2. Questo film mi ha alzato il tasso di cinismo: dopo poco non ne potevo più dei balletti di Kurylenko prima e di McAdams poi, del vento fra i capelli, di braccia sollevate in pose leziose, dei controluce.
      Carinissime le fanciulle e i loro vestitini un po' stropicciati e fricchettoni, ma insomma, che barba dopo un po', deliri fuoricampo inclusi.
      D'accordo la grazia, ma non ne condivido il concetto, così come in The Tree of Life.
      Per il resto, una telenovela intrisa di suspance sul come andrà a finire (almeno a me sotto questo aspetto è sembrato convincente, anche se non vado a nozze con le robe sentimentali) costruita tramite una serie di possibili spot pubblicitari fatti molto bene (bellissima fotografia, splendide inquadrature).
      Al posto di Ben Affleck avrebbe potuto esserci chiunque, per quanto spazio (anche visivo) vien dato al suo personaggio: per lo più è inquadrato dal naso in giù, di spalle e da lontano; il suo personaggio, fra l'altro, è parecchio anonimo, magari anche un po' stereotipato: da maschio narcisista e farfallone con scarso senso di responsabilità a "becco e bastonato".
      La parte più ispirata m'è parsa quella del prete in crisi, però non è che ne capisca molto di sacerdozio e fede. D'altro canto, se l'evoluzione delle (Ma)donne aggraziate (a me paiono un po' ebeti, ma ve be') è passare dalla devota dipendenza votata al sacrificio (The Tree of Life e Kurylenko versione primo tempo) all'opportunismo fedifrago di Marina, una connessione fra le due cose c'è e forse il prete coi suoi dubbi è la struttura portante dell'intero film.
      To the Wonder a me conferma quel che avevo pensato di Malick da The Tree of Life: il suo punto di vista a me pare poco interessante e banalotto, ma meraviglioso per gli occhi. Maschili, più che altro, mi sa. Forse anche un po' maschilisti, e sarebbe anche coerente. Ma questi discorsi generalmente servono solo a sollevare polemiche inutili e barriere difensive.
      Però dovevo farlo presente^^
      Non comprendo come possa risultare "criptico". Boh. Come nulla sono scandalosamente superficiale, però questo film l'ho visto volentieri.

      P.S. I nomi dei personaggi non son riuscita a distinguerli durante la visione, ho dovuto arrangiarmi con internet. Ma sono distratta e ci sta che mi siano sfuggiti.

      P.P.S. Come posso mettere un avatar qui? Grazie^^

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    3. Di criptico ci vedo poco anche io, è diventato un po' un luogo comune.

      Per cambiare l'avatar devi cliccare sul tuo nickname qui, e poi nella pagina che ti si apre clicchi su "modifica profilo" in alto a destra.

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