Dei tre tipi di donna del noir (gli altri sono la moglie devota e la fidanzatina/brava ragazza), la femme fatale rappresenta il più diretto attacco alla tradizionale femminilità e al nucleo familiare. Si rifiuta di interpretare i ruoli di mogliettina perfetta o madre amorevole che la società le impone. Trova che il matrimonio sia confinante, privo di amore, privo di sesso e sciocco, e usa così tutta la sua astuzia e la sua carica sessuale per ottenere una totale indipendenza.
Solitamente non viene vinta dall'amore per l'eroe di turno, lei è l'eroina, o per lo meno si sente tale. Non ha bisogno di aiuto, non lo cerca, anzi, anche davanti alla propria autodistruzione, preferisce affrontarla in solitudine che costringersi a supplicare l'aiuto di un uomo.
La classica femme fatale ricorre all'omicidio per ottenere la libertà da una relazione insopportabile con un uomo che cerca di possederla e imprigionarla, come se lei fosse un semplice oggetto, di sua proprietà. Nei noir le donne sono spesso rappresentate in tale modo, ricchi premi, laute ricompense, oggetti del desiderio. In
Situazione pericolosa tre uomini discutono di una donna, uno dice "
Le donne sono tutte uguali" e un altro gli risponde "
Bè, bisogna averle attorno, sono un'equipaggiamento standard"". Questa attitudine, che prevede che siano appunto un'equipaggiamento standard è ben compreso dalle stesse donne che si sentono intrappolate da mariti o amanti e da un istituzione -il matrimonio- che permette questo trattamento possibile. Per la femme fatale il matrimonio è quindi sinonimo di noia, infelicità e assenza di desiderio sessuale o di amore romantico.
Phyllis Dietrichson (Barbara Stanwyck) in
La fiamma del peccato descrive la sua relazione con il marito, in questa maniera "
E' come se lui mi guardasse. Non che gli importi, non più almeno. Ma mi tiene al guinzaglio, così stretto che non mi lascia respiro". Questo dialogo avviene in casa, nel salotto, luogo ogni sera di interminabili ore e spazio comune di due persone che si odiano e non si possono sopportare. L'omicidio è l'unico modo per togliersi le catene, ed è causato dalla mancanza assoluta di attenzione e di affetto da parte del compagno.
Altrettanto spesso accade che queste giovani e bellissime donne sono sposate con uomini vecchi, brutti e/o malfermi. Come Cora (Lana Turner) in
Il postino suona sempre due volte, o Rita Hayworth in
Gilda e
La signora di Shangai o la stessa Phyllis.
E così l'eroe di turno, il protagonista della nostra storia, giovane, fuori dagli schemi, appetibile, rappresenta sia una via di fuga che un valvola di sfogo, sia un amore fugace che un mezzo per raggiungere la propria indipendenza. La femme fatale non ama, usa, non può legarsi a un uomo, non in questa situazione per lo meno. Una volta che il nuovo maschio ha compiuto il suo scopo, viene appallotolato e buttato via, sennò il circolo si compirebbe di nuovo e si ritroverebbe in un altro matrimonio senza amore. Inoltre, il semplice tradimento del proprio compagno, rappresenta una trasgressione a cui è impossibile rinunciare. Una trasgressione che negli anni 40-50 era ancora particolarmente forte.
Altro segno della sterilità del matrimonio è la totale o quasi assenza di figli. Può capitare che esista una coppia con un figlio, sempre cresciutello, non piccolo, ma è evidente che egli è del marito che l'ha avuto da una relazione precedente, il che implica un'attività sessuale ferma al palo da molti anni.
La casa infine, il focolare, non fa che intensificare questa atmosfera di gelo e intrappolamento per la donna sposata. Le protagoniste camina e camminano da un lato all'altro del salotto, come fiere in gabbia, con una sola finestra, con tanto di inferriate, come unico occhio sul mondo esterno.
La messa in scena e l'illuminazione di questi ambienti, non fa che aumentare l'idea di trappole o di mausolei. Letti divisi, scale ripide e anguste, divisori che spezzano in due una sala - come se una parte fosse di lui e una di lei- o ancora ombre, buio, fumo. Case piene zeppe di ritratti troppo grandi, ninnoli, bocce per pesce; in una parola claustrofobiche.
Tutto questo è in ampio contrasto con l'idea di casa, sede di sicurezza, amore, calore e appagamento. Tutte queste cose, derivanti da un'unione felice e sana, sono assenti nei film noir.
Una donna indomabile. Il suo corpo, i suoi vestiti, le sue parole, le sue azioni, e la sua capacità di tenere lo sguardo della macchina da presa, creano un'immagine di grande carica sessuale che sfida i tentativi da parte degli uomini della sua vita, e del film stesso, di controllarla o di riportarla alla sua "corretta sfera" di donna.
Anche nei pochi film in cui lei è infine convertita in un ruolo più tradizionale, la violenza e la potenza della sua ribellione contro questo ruolo impostole supera questo cambiamento e nell'immaginario dello spettatore, rimane la donna terribile e sregolata che è stata in precedenza.
I film noir creano questa immagine di donna forte, senza freni, quindi tentano di contenerla distruggendo la femme fatale o convertendola a una femminilità più tradizionale. Ma la femme fatale non può essere piegata così facilmente - anche se questa è l'intenzione del film, il suo sporco lavoro è ormai fatto, riesce efficacemente a minare i valori della famiglia tradizionale, perchè le sue tragsressioni costituiscono un'immagine più duratura, nella mente dello spettatore, che piuttosto la sua punizione finale. Nonostante la punizione rituale di questi atti di trasgressione, la vitalità di cui sono dotati, produce un eccesso di senso che non può, infine, essere contenuto, smacchiato.
Cosa ricordiamo all fine del film? Una donna punita giustamente o una donna potente, libera, pericolosa?
La femme fatale riesce nel suo intento perchè è una fredda, cinica, calcolatrice e manipolatrice, ben a conoscenza dei suoi mezzi, e della sua bellezza. Non esiste la procreazione ma il sesso come mero mezzo per ottenere piacere, e l'uomo è solo un tramite. Il suo erotismo, non viene mai nascosto, anzi è la prima cosa che viene fatta notare -a volte è proprio il protagonista maschile, raccontando con un flashback, a mettere subito in luce le forme e sessualità della signorina di turno- tipica infatti è la ripresa dal basso, che indugia sulle interminabili gambe, sinuose e pericolose come una curva stradale.
Persino quando non è in scena, la femme fatale aleggia nell'aria, è una presenza irremovibile da ogni fotogramma della pellicola. Alcune volte, anche dopo la morte, rimane in scena, rimane nel film. In
Vertigine, è sempre presente un enorme ritratto raffigurante la femme fatale, Laura (Gene Tierney). Il detective assunto per scoprire chi l'ha uccisa, non l'ha mai conosciuta, eppure se ne innamora, si innamora della sua immagine, della sua presenza. Il "ritorno dalla tomba" di Laura infine, è il completamento della sua affermazione del suo potere e della sua indipendenza.
Non sempre la femme fatale va incontro a un finale negativo per se e per il film. Vi sono alcuni esempi dove finisce per sottomettersi allo status quo e innamorarsi dell'eroe (
La fuga (Lauren Bacall)
o Una donna nel lago (Audrey Totter)
, che hanno in comune anche la particolare della soggettiva) ma come già detto, sono salvataggi all'ultimo minuto, che non cancellano la vera essenza dela donna che abbiamo conosciuto in precedenza.